La Nuova Sardegna

García Márquez: «La mia Grazia Deledda»

di Daniela Paba

Ieri a Perdasdefogu durante il festival «7 sere, 7 piazze, 7 libri» un incontro tra studiosi dei due grandi romanzieri

26 luglio 2016
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PERDASDEFOGU. Due Nobel, una stessa solitudine, o soledad. Foghesu per la sesta edizione di «7 sere, 7 piazze, 7 libri», ieri sera nella biblioteca comunale ha messo insieme Grazia Deledda e Gabriel Garcia Marquez e ha raccontato così il loro «incontro impossibile». E se è vero che lo scrittore colombiano avrebbe cambiato il giudizio negativo sulla scrittrice nuorese grazie alle conversazioni con Ignazio Delogu – come sostiene tra gli altri Angela Guiso – il ponte, tra i due, è Gabriela Mistral, molto amata da Marquez. Le motivazioni del Nobel, quasi identiche per Deledda e Mistral, avrebbero innescato l’appassionato confronto tra Delogu e Marquez e portato l’autore colombiano a rivedere l’ingrato giudizio verso Grazia Deledda.

Per certo Grazia Deledda è stata «molto amata dai lettori non solo in America Latina ma dappertutto, in Turchia come in Finlandia, molto meno dalla critica e dai sardi», ha detto Sharon Wood, docente di Letteratura italiana a Leicester che alla Deledda ha dedicato la raccolta di saggi. «Aveva guadagnato la fama cui ambiva e quando è morta si pubblicarono encomi ovunque. Da allora è stata semidimenticata e scartata dalla critica ufficiale non solo perché era donna, ma anche per le tematiche che affronta». «Non c'erano limiti alla sua ambizione – ha spiegato la studiosa inglese – ma tanti ostacoli: la famiglia, i parenti tutti si opponevano alla sua volontà. Ma per il modo in cui era riuscita a imparare l'italiano e a farsi conoscere è davvero un fenomeno; l'amore che racconta non è romantico, è sempre trasgressivo ed è importante capire la trasgressione che i lettori vedevano in lei ma che lei vedeva nella cultura intorno, in un momento di rottura tra vecchio e nuovo, di scontro e tensione dinamica».

A tessere i fili un confronto possibile tra Deledda e Marquez è Gonaria Floris, docente di Letteratura italiana all’Università di Cagliari, nuorese e lettrice appassionata di entrambi. «Per quanto ardito, l'accostamento tra i due grandi romanzieri è nell'orizzonte della letteratura mondiale in cui possiamo muoverci oggi. Un punto non pretestuoso è la parola “soledad”, solitudine, che troviamo nel titolo di Marquez e nel romanzo “La chiesa della solitudine” della Deledda, non solo il luogo dove è seppellita ma anche il tema dell'ultimo romanzo autobiografico, quando lei è malata e presaga della morte. La solitudine di Macondo è solitudine implosa, ma questo paesaggio è anche il tema dei suoi abitanti; l'isolamento della Sardegna è conclamato. Deledda non punta sullo stile ma crea una potente macchina narrativa intorno a una psicologia primitiva e una moralità imperniata sulla labilità delle emozioni. I due autori attingono a forme pre-moderne, pre-realistiche».

Annunciato dalle note dell’inno nazionale, il ministro dell'ambasciata colombiana Juan Carlos Espinoza ha ricordato gli scritti giornalistici di Marquez che hanno inaugurato «un nuovo modo di fare cronaca in America Latina. Vi suggerisco di leggerli, specie quelli degli anni Cinquanta e Sessanta quando arriva dal Caribe a Bogotà». E sulle note di “Addio Nugoro amada” il sindaco di Nuoro Andrea Soddu saluta l'incontro di Foghesu come preludio delle celebrazioni deleddiane che si aprono il prossimo 28 luglio a Nuoro.

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