La Nuova Sardegna

Un tesoro di fronte al castello

di Roberto Sanna
Un tesoro di fronte al castello

Dopo quindici anni di lavori inaugurato a Castelsardo l’archivio storico

05 luglio 2016
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INVIATO A CASTELSARDO. Cinquecento anni di storia custoditi a pochi passi dalla fortezza inespugnata dei Doria. Da ieri Castelsardo ha il suo archivio storico, con biblioteca comunale annessa, ricavato in un edificio restaurato grazie a un finanziamento di oltre un milione di euro. I lavori sono stati faticosi e sono durati praticamente quindici anni, avviati dal sindaco Franco Cuccureddu che allora era all’inizio del suo mandato e si ritrova adesso a chiudere il cerchio. Ieri l’inaugurazione ufficiale col taglio del nastro, domani il primo appuntamento in biblioteca con lo scrittore Marcello Fois che presenterà il suo libro “Manuale di lettura creativa”.

Lavoro complicato. L’architetto Sandro Roggio, progettista e direttore dei lavori, si è soffermato soprattutto sul percorso complicato occorso per arrivare a questo taglio del nastro. Complicato su diversi fronti. Intanto per la particolare struttura dell’edificio «che come tanti in Sardegna si è evoluto da un nucleo originario, in questo caso quasi sicuramente legato al castello come pezzo del presidio militare, ed è andato avanti fino agli inizi del Novecento con incrementi successivi. Abbiamo così dovuto quasi immaginare, chiedendo all’impresa Pau continue prove e verifiche per assecondare un progetto originario che non avevamo. Abbiamo lavorato pensando a quella che poteva essere l’idea delle parti». L’altro problema è stato burocratico: «I tempi delle opere pubbliche sono infiniti – ha spiegato –, parliamo minimo di un decennio. Senza stare a entrare nei dettagli, si andava avanti con la sensazione continua che qualcosa potesse accadere in qualsiasi momento. Abbiamo cominciato nel 2002 e fino al 2010 abbiamo viaggiato bene, poi ci siamo persi e devo fare i complimenti a Franco Cuccureddu perché senza di lui non saremmo arrivati alla conclusione, sono felice di fare questa inaugurazione e di farla con lui».

Dal degrado al gioiello. Il sindaco ha ringraziato per i complimenti, li ha restituiti per la qualità del risultato («uno dei migliori lavori di restauro che siano mai stati eseguiti a Castelsardo») e ha accennato anche lui al tortuoso percorso affrontato: «Un vero travaglio. Qui nel corso del tempo c’è stato l’ufficio di collocamento e la sede dei vigili urbani, abbiamo dovuto procedere ad acquisizioni ed espropri, alcune parti erano molto degradate, abbiamo dovuto chiedere tantissime autorizzazioni. Adesso abbiamo a disposizione un bellissimo edificio, con un grande patrimonio di documenti storici fruibile a tutti. Un archivio di enorme importanza perché Castelsardo è una città inespugnata e ha conservato tanto. Purtroppo una parte di quell’archivio è andata dispersa nel Novecento perché, sembra incredibile, quando venivano gli studiosi venivano loro consegnati i documenti e molte volte non venivano restituiti. Poi per fortuna hanno inventato le fotocopie, benedette...». Un ruolo non trascurabile sarà quello rivestito dal servizio bibliotecario: «Rimarrà aperta anche la sera – ha detto l’assessore alla Cultura Maria Speranza Frassetto – e cominceremo subito la serie degli incontri. Dopo quello con Marcello Fois, avremo una presentazione a settimana fino a metà agosto che cincodurrà al nostro festival “Un’isola in rete” e siamo pronti per la terza edizione di “Bibliospiaggia” per inseguire anche al mare i lettori».

Un tesoro nascosto. Lo storico Antonello Mattone, professore di Storia delle Istituzioni politiche all’Università di Sassari e autore di un corposo volume sulla storia di Castelsardo, ha ripercorso il faticoso assemblaggio dei documenti, a partire dai primi frammenti dello Statuto «che erano stati riciclati come copertine di libri. A un certo punto si scatenò una vera e propria corsa degli studiosi per pubblicarlo, il primo a farlo fu nel 1898 Enrico Besta». Una gran parte si trova a Sassari e difficilmente tornerà a Castelsardo, mentre molti dei documenti ora custoditi nel nuovo archivio sono arrivati da una donazione privata della famiglia Zara, che a sua volta era entrata in possesso dopo il ritrovamento, abbastanza casuale, in un’abitazione sassarese. «Solo per un caso – ha detto Vito Zara – non sono finiti al macero. O magari in un mercatino, ma questo sarebbe successo solo se a vederli fosse stato qualcuno in grado di riconoscerne il valore».

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