La Nuova Sardegna

La criminalità nuorese negli ultimi scritti di Mario Da Passano

di Pasquale Porcu

Presentato il libro dello studioso ligure scomparso 11 anni fa Commosso ricordo degli esponenti del mondo universitario

19 giugno 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. «Nell'agosto del 1839 una trentina di fonnesi e orgolesi assaltano una casa a Nuraxinieddu. Altre bardane, consumate o tentate si registrano tra il 1839 e il 1840 a Sadali, Esterzili e Setzu, nel 1844 a Palmas, nel 1848 a Nuragus, a Selegas, e a Terralba con alcuni feriti, nel 1856 a Irgoli...». In quegli anni e negli anni seguenti le bardane interessano diversi centri della Sardegna dell'interno, come documenta il volume “Omicidi, rapine, bardane. Diritto penale e politiche criminali nella Sardegna moderna (XVII-XX secolo)” che raccoglie alcuni saggi di Mario Da Passano. Il libro, a cura di Antonello Mattone, edito da Carocci, è stato presentato nell'aula magna dell'Università per ricordare il grande studioso ligure-sardo scomparso improvvisamente 11 anni fa.

Le bardane erano delle incursioni in paesi e villaggi, spesso parecchio distanti dal luogo di origine dei banditi, e le vittime erano possidenti e molto spesso dei religiosi. Vi partecipavano dalle sessanta a un centinaio di persone che armati e cavallo terrorizzavano le loro vittime e i villaggi nei quali abitavano. Spesso le vittime opponevano resistenza e dovevano rivelare il luogo in cui era nascosto il tesoro (ma spesso era grano, fagioli, vino e formaggi) con metodi convincenti: venivano fatti adagiare a sedere nudo sui carboni ardenti.

Il saggio sulle bardane è tra più suggestivi tra quelli contenuti nel volume. E certamente è stato tra quelli più citati nella presentazione dell'altra sera organizzata dal dipartimento di storia, scienze dell'uomo e della formazione insieme agli altri dipartimenti dell'università che hanno organizzato l'evento. Nell'incontro, moderato da Attilio Mastino, ha portato il saluto anche il rettore Massimo Carpinelli,

Nelle relazioni e negli interventi degli amici il rigore nella descrizione della statura scientifica di Da Passano si accompagnava al commosso ricordo delle grandi doti umane dello studioso: un uomo di poche parole con “la schiena dritta”, come ha ricordato Manlio Brigaglia, che ha considerato la ricerca e l'impegno universitario come una sorta di militanza politica. Era arrivato a Sassari a 29 anni ed era diventato “sardo”, non solo di residenza ma di sentimenti, soprattutto dopo aver sposato una ragazza sassarese (Maria Grazia Cadoni, presente in sala insieme al figlio Andrea). Indossava l'eskimo (dalle cui tasche sbucava sempre il giornale l'Unità), è' stato sempre dalla parte dei più deboli e di quelli più schiacciati dalla storia: dai lavoratori ai carcerati, dalle prostitute agli alcolizzati, dimostrando come si possa riscrivere la storia dando voce a chi di voce non ne ha mai avuto.

Con questo approccio ha studiato anche la storia del diritto in Sardegna ed ha approfondito quella della Repubblica ligure e quella toscana del periodo di Pietro Leopoldo. Una ricerca portata avanti secondo il metodo della scuola genovese, ha detto Riccardo Ferrante: archivio, archivio, archivio. E nelle ricerche d'archivio Da Passano era davvero un fuoriclasse, ha ricordato Antonello Mattone, con intuizioni come quelle che lo hanno portato a scoprire inediti di Condorcet e Mirabeau. Sono stati tre i filoni di studio di Mario Da Passano, ha ricordato Marco Nicola Miletti: la codificazione, la criminalità e l'espiazione penale. Che hanno fatto dello studioso sardo-ligure, il più bravo storico del diritto penale in Italia. Commosso e appassionato il ricordo di Giorgio Rebuffa: «eravamo militanti comunisti curiosi e appassionati, poveri ma felici. Le nostre discussioni? Più sull'illuminismo che sul marxismo».

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative