La Nuova Sardegna

Il ricordo di Scaparro e di Dario Fo

Il ricordo di Scaparro e di Dario Fo

Il Premio Nobel: «Aveva nella recitazione una sapienza e un’energia magiche»

29 maggio 2016
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ROMA. «Era un grandissimo attore, veramente enorme. Aveva la sapienza del prendere scena, che è una cosa magica». Dario Fo ricorda così Giorgio Albertazzi, con cui ha lavorato in tv in una serie di spettacoli-lezioni sulla storia del teatro in Italia. «Quando ci siamo conosciuti – racconta Fo – ci siamo presentati così: “Fondamentalmente anarchico”, ha detto Giorgio; e io “a tutto punto anarchico”. È stato questo il nostro primo dialogo. Poi ci siamo sempre incontrati facendoci grandi feste con la nostalgia di tornare a lavorare insieme. Aveva nella recitazione una sapienza, un fiuto, un’energia incredibile».

Alle parole di Fo si aggiungono quella di Maurizio Scaparro, amico di una vita di Albertazzi e regista di tanti spettacoli, dal grande goethiano “Il giovane Faust”, in cui fu uno straordinario Mefistofele, sino all’ormai classico “Memorie di Adriano”. «Quel che Giorgio è stato per il nostro teatro – dice Scaparro – lo si capirà davvero solo ora, dal vuoto che ha lasciato. Parte da lui un discorso sul senso e l’importanza del teatro oggi e di quel che potrà essere in futuro. Con lui i giovani sentivano cosa fosse il teatro, capace di dare emozioni diverse, profonde agli spettatori, comunicandogli la forza di quel che stava facendo. Giorgio credeva sempre in quel che faceva, anzi era quel che faceva sino in fondo, altrimenti non sarebbe riuscito a farlo».

Poi il regista ricorda le ultime visite all’amico malato e racconta di essersi accorto che qualcosa stava definitivamente cedendo quando lo ha visto «privo della sua proverbiale curiosità e di quella naturale capacità di guardare avanti, di progettare e avere idee per il futuro, come era sempre stato sino a pochissimo tempo fa. Del resto se una parola gli si adattava, questa era entusiasmo, che si legava all’affrontare il teatro come parola, concetto, vita. Era come il classico non esistesse, perché per lui era del tutto contemporaneo, anche prima dell’avventura di Adriano, che ci siamo portati appresso per anni, invecchiandoci assieme dal 1989, quando pensai di ambientare il personaggio della Yourcenar a Villa Adriana per chiudere il mio mandato da direttore del Teatro di Roma».

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