La Nuova Sardegna

«Italiani, tornate immediatamente a bordo»

di DIEGO CUGIA
«Italiani, tornate immediatamente a bordo»

“Un’anima a 7 euro e 99», diario degli ultimi otto anni: autoanalisi ma anche duro atto d’accusa contro la triste Italia di oggi

05 maggio 2016
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Pubblichiamo alcuni brani del nuovo libro di Diego Cugia, “Un’anima a 7euro e 99. Diario 2008-2016”, pubblicato da Amazon, sia in cartaceo sia in eBook.

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di DIEGO CUGIA

1° GENNAIO 2008. L’unica cosa che un italiano perbene può augurarsi è la rivolta.

24 settembre 2008. Quand’ero innocente, a sette, otto anni, mostravo i pugni a chiunque incontrassi: «Facciamo la guerra? Facciamo la guerra?». Oggi mi sembra che sessant’anni di pace abbiano compresso quest’aggressività arcaica nella nostra maschilità guerrafondaia. L’ultima volta che ho passeggiato per Roma avevo la sensazione che, se per distrazione avessi sfiorato un passante, sarebbe esploso. C’è una religione che premia i kamikaze col paradiso. Una politica estera che giustifica l’invasione di un altro paese con la scusa del petrolio. Armarsi, negli Stati Uniti, è un diritto. Qualcosa mi dice che fra poco uccidersi sarà un dovere mondiale. Facciamo la guerra? Facciamo la guerra?

Il bambino eterno ha sete di sangue.

25 DICEMBRE 2014. Silurato il comandante Gregorio De Falco, mentre Schettino insegna all’università.

Dopo la battuta telefonica italiana più famosa del mondo, «Vada a bordo, cazzo!», ho temuto che non ci saremmo più liberati di chi la disse, il comandante De Falco della capitaneria di Livorno allo sciagurato Schettino, il capitano che aveva abbandonato la nave della Costa Concordia con donne e bambini a bordo.

Nella frettolosa lavagna dei Buoni e dei Cattivi, De Falco era iscritto come nuovo Eroe Nazionale, l’altro come Vigliacco. Ero certo che il battutista cazzuto sarebbe stato proclamato senatore a vita mentre al fuggiasco sulla pilotina avrebbero fatto scontare non solo i morti della Concordia, ma quelli per mafia e perfino le vittime della prima e della seconda guerra mondiale. La nostra specialità, oltre agli spaghetti, è di saper cucinare il capro espiatorio al forno. Schettino mi ricordava Oreste Jacovacci, il pavido ma simpatico protagonista de “La grande guerra” di Monicelli, anche se Sordi e Gassman all’ultimo minuto diventavano eroi mentre Schettino a bordo non c’era più tornato.

I primi forti dubbi mi hanno assalito al termine di un’udienza del processo, quella in cui i giudici avevano riascoltato le concitate battute di quella notte fra De Falco e Schettino (…)Schettino dichiarò: «Fu una telefonata tristemente famosa, inutile e provocatoria. De Falco perse l’autocontrollo» (…).

A questo punto ho capito che sarebbe stato meglio se gli italiani avessero nominato il comandante De Falco presidente del Consiglio al posto di Renzi, mentre l’autore del macabro “inchino” all'Isola del Giglio avremmo dovuto incatenarlo allo scoglio che aveva aperto una falla di settanta metri nella nave: Schettino, monumento marino vivente dell’arroganza fatta Paese. Di quella stessa Italia che l’ha invitato all’Università, per tenere una lectio magistralis ai nostri ragazzi. Mentre il peggio doveva ancora succedere. Il comandante De Falco, invece di essere promosso, è stato silurato. «Sono molto amareggiato», ha dichiarato l’uomo che di fronte al mondo ci aveva consolato della figuraccia mortale di Schettino. «Ho avuto notizia di essere stato rimosso dai miei incarichi operativi e che sarò trasferito in un ufficio amministrativo».

Mi sono tornate in mente le parole di un’intervista rilasciata poco prima di morire proprio da Mario Monicelli. «Gassman e Sordi ne “La Grande Guerra” avevano una loro spinta personale, un orgoglio, una dignità della persona che noi abbiamo perso, completamente”. Alla domanda come finirà l’Italia di oggi, il regista rispose: «Come finisce questo film? Non lo so. Io spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. C’è stata in Inghilterra, in Francia, in Russia, in Germania, dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, che da trecent’anni è schiavo di tutti. Se vuole riscattarsi. Ma il riscatto non è una cosa semplice. È doloroso, esige anche dei sacrifici. Se no, vada alla malora – che è dove sta andando, ormai da tre generazioni».

Italiani, tornate immediatamente a bordo e gettate a mare questa gente. Viva De Falco, cazzo!

15 MARZO 2016. Nei giorni scorsi a Roma, Ponte Sant’Angelo se ricordo bene, un tifoso straniero ha orinato sopra una mendicante. Mi ha colpito più di un omicidio. Adesso, sfogliando il “Diario degli errori” di Ennio Flaiano, trovo spiegata la mia ansia con cinquant’anni d'anticipo: «Il sale di una civiltà sono i vagabondi. Quando essi godono il rispetto che si deve al più debole è segno che il rispetto per le altre libertà funziona».

La nostra civiltà è come una corriera spiaggiata. Ogni volta che il conducente prova ad accenderlo, il motore tossisce ma non riparte, alza solo polvere, e la corriera sprofonda nella sabbia un altro centimetro. Sotto le statue degli angeli nessuno ha soccorso la mendicante o scacciato l’infame. Anche la mancanza di coraggio è inciviltà. Ma forse il gesto più scandaloso è stato quello di una passante che ha risarcito la vittima con qualche euro. La sproporzione tra l’affronto subito e la monetina. Comprendo l’ingenuità del gesto, ma più che elemosina mi è sembrata una rapina.

17 MARZO 2016. Non si può più scrivere neanche una poesia, in Europa, finché le frontiere resteranno chiuse. Solo i profughi hanno il diritto di farlo. Tutta la cultura del mondo, adesso, è nelle loro mani.

Nessuno può più coltivare un fiore, in Europa. Tutti i fiori della terra sono sparsi in quel fango, per renderlo loro più lieve, dietro quei muri, quelle immonde reti. Che vergogna essere al di qua della frontiera, che vergogna non essere con loro. C'è il sole e mi sento un assassino.

16 aprile 2016. Non possiedo più nulla, non mi manca nulla. Tutte le volte che sono stato proprietario di qualcosa, invece, mi mancava sempre qualcos’altro.

Ho impiegato otto anni, dal 2008 a oggi, per raggiungere lo scopo della mia vita. Sono stato fortunato, mi dico. Se non ci fosse stata la crisi economica e mille altre disavventure, avrei rischiato di mancare il bersaglio.

Essere se stessi, che altro? Se hai questo, tutto torna. Tranne i conti.

È il meno. Oggi ho me stesso, un'anima. Ce l'ho senza bisogno di possederla, di dire sono io, è mia.

Posso farla scoprire ai miei lettori a 7 euro e 99 su Amazon.

© 2016 DIEGO CUGIA

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