La Nuova Sardegna

Sardegna, trent’anni di errori e incompiute

di Roberto Sanna
Sardegna, trent’anni di errori e incompiute

“Adesso arriva il bello” di Giovanni Battista Sanna: fatti, scandali e personaggi dello sviluppo del Nord visti da vicino

28 aprile 2016
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SASSARI. Un viaggio a ritroso nel tempo, coi ricordi personali incatenati allo sviluppo selvaggio del Nord Sardegna costellato di errori, politici invadenti, affari e personaggi come Pippo Calò, rappresentanti della Banda della Magliana, Mario Bertelli, Flavio Carboni: l’area industriale di Porto Torres, Predda Niedda, la Sassari-Olbia, la Costa Smeralda, Porto Rotondo, il mancato G8 alla Maddalena. Momenti storici che Giovanni Battista Sanna, conosciuto da tutti come G.B., per vent’anni responsabile del servizio ispezioni del lavoro di Sassari e della gestione del fondo sociale europeo, hatrasferito in un libro una volta andato in pensione. “Adesso arriva il bello”, pubblicato dalle Edizioni Edes, verrà presentato a Sassari domani alle 17 nella Sala Angioy del Palazzo della Provincia in Piazza d’Italia in un incontro al quale interverranno, oltre all’autore, il giornalista Gianni Garrucciu e l’editore del libro e giornalista Alberto Pinna. Il 13 Sanna sarà a Olbia, il 20 alla Maddalena. «Quello che c’è nel libro è tutto vero – dice –, comprese le cene con personaggi poco raccomandabili alle quali ho partecipato inconsapevolmente, salvo poi essere informato qualche giorno dopo. Il libro è fondamentalmente un omaggio a questa terra bellissima che non riusciamo, o non vogliamo, valorizzare come merita».

Ha vissuto da vicino alcuni passaggi fondamentali degli ultimi trent’anni. Per esempio, l’area industriale di Porto Torres.

«Il Piano di rinascita è stato un fallimento, avrebbe dovuto coinvolgere mille e trecento piccole e medie imprese. La vera, grande occasione è stata gettata via nel 1992 quando l’Enichem presentò un progetto che fallì perché non conveniva alla politica. Adesso hanno tirato fuori la chimica verde, una balla tremenda, fallita già in tutto il mondo. Per sostenere a pieno regime una centrale come quella bisognerebbe piantare cardi in un territorio grande quanto la Francia e la Germania insieme».

A Sassari c’è stata l’esplosione incontrollata di Predda Niedda.

«Ha rovinato una delle zone più belle attorno alla città. Le attività industriali sono durate poco, ben presto i padroni si sono accorti che era più comodo e redditizio affittare i capannoni.Serviva un cambio di destinazione d’uso, servivano attività commerciali. E siamo arrivati all’attuale Predda Niedda, che ha coinvolto la politica di ogni colore».

A Stintino c’è stato il caso del Bagaglino.

«Bertelli l’avevo già visto all’opera in Gallura, sapevo cosa aveva intenzione di fare e nel libro spiego il suo stratagemma. Insieme alla Guardia di finanza cercavamo il modo per incastrarlo, contemporaneamente dovevamo anche cercare di ridurre i danni. Non avevo ovviamente poteri diretti per impedire di stipulare i contratti, così un giorno ho convocato nella sede della Cna i rappresentati delle imprese interessate per metterli sull’avviso. Si saranno presentati in duecento, mi hanno riso in faccia, dicevano “Guardi che noi siamo di Sassari, mica galluresi, a noi non ci frega”. Infatti abbiamo visto come è andata a finire».

Parla in maniera critica anche della direttissima Sassari-Olbia, quella che prima o poi verrà sostituita dalla nuova a quattro corsie.

«Una strada che è nata sbagliata: curve pazzesche, dossi, scarsa visibilità nei sorpassi. Tante cose sono state fatte per allungare o modificare il tragitto iniziale, come ponti o sollevamenti, perché sono i trucchi che servono a far guadagnare le imprese. Non è con l’appalto originale che si guadagna, quanto con le modifiche in corso d’opera. Non ho seguito lo sviluppo della “quattro corsie” ma non c’è da stupirsi se le cose stanno andando in questa maniera».

Quando parla della Costa Smeralda dà tutti i meriti a Paolo Riccardi.

«Lui ha davvero fatto la Costa Smeralda perché l’ha pensata come sistema integrato con la Gallura in primis e poi con la Sardegna, l’Aga Khan ha solo messo i soldi, non sapeva minimamente come fare tutto il resto. Riccardi è andato via quando ha capito che il principe era in un periodo di grande indebitamento e voleva vendere per realizzare quanto investito. Ora quel lavoro lo fa, bene, alle Canarie».

Tom Barrack invece non le piaceva.

«Lui è uno sfruttatore, la sua Costa Smeralda era fatta di villettine da trenta metri quadri per medici e dirigenti. Gli effetti si sono visti subito: addio Vip veri, ora a frequentarla sono i volti di Mediaset».

Nemmeno Porto Rotondo è nelle sue corde.

«Intendiamoci, i Donà delle Rose gestiscono con criterio. Ma è l’esempio calzante di quello che Paolo Riccardi non voleva che la Costa Smeralda diventasse, tant’è vero che a farlo sono stati alcuni che nel Consorzio non erano mai riusciti a entrare. Una speculazione immensa, ci sono ancora terreni da pagare, la Banda della Magliana ha fatto grossi investimenti. E proprio lì mi sono seduto a tavola, senza saperlo, col boss Pippo Calò».

Il G8 è il capitolo finale della sua vita professionale.

«Tuttora mi chiedo come sia stato possibile pensare che un evento così imponente potesse essere ospitato in quell’isoletta. Quando obiettavo che mancavano strutture e collegamenti mi sentivo dire che avrebbero costruito la Sassari-Olbia in sei mesi, che avrebbero portato le delegazioni in nave e in treno. Resto convinto della buona fede di Soru e Cappellacci, però era improponibile. Berlusconi è sempre stato contrario, lo voleva a Napoli e infatti alla prima occasione l’ha spostato. A guadagnarci sono stati i soliti grossi imprenditori, a noi sardi è rimasto il disastro. Alla fine è stato solo un colossale affare commerciale per pochi, un modo per spendere fondi regionali, soldi nostri».

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