La Nuova Sardegna

Panzino e Sciola: «L’egoismo vince sulla storia»

Pinuccio Sciola
Pinuccio Sciola

Il commento di due dei più rappresentativi artisti sardi: “Siamo alla devastazione culturale»

20 aprile 2016
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SASSARI. Pinuccio Sciola – uno dei più importanti scultori europei secondo Philippe Daverio, la musica delle sue pietre sonore è stata definita da Gillo Dorfles «l'equivalente d'un evento sacro» – è anche una figura importante nella storia del muralismo in Sardegna. Ha trasformato il suo San Sperate in un paese museo e ha collaborato in Messico, negli anni ’70, con un maestro indiscusso della pittura murale pubblica: David Alfaro Siqueiros.

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Sulla vicenda di Orgosolo ha un’idea chiara. «Un altro episodio di egoismo. Fatti del genere si sono ripetuti già diverse volte. Anche dei miei lavori sono stati distrutti senza che io ne sapessi niente o venissi almeno interpellato – sostiene Sciola –. La pittura murale è soggetta al tempo, e come tutte le cose si consuma. Ma non è questo l’aspetto centrale della questione, spesso sono piccole diatribe con le amministrazioni che hanno finanziato l’opera a decretarne la fine. Vendette egoistiche da parte dei proprietari degli stabili. L’esperienza del muralismo di Orgosolo andrebbe tutelata più di altre, visto che è la testimonianza di un’esperienza unica e originale. Mentre il mondo e il mercato dell’arte scoprono la street art, e perfino i tribunali la tutelano, da noi, che ne siamo stati pionieri, viene distrutta».

Igino Panzino è una personalità di prim’ordine della ricerca nelle arti visive ed è stato impegnato anche in diverse committenze di arte pubblica. «Non ho mai praticato il muralismo, la mia esperienza si è sempre rivolta all’esplorazione del linguaggio, non all’arte che pensa di avere una funzione sociale – spiega Panzino –. Si potrebbe dire che molti murales non sono stati realizzati con l’intento di studiare linguaggi nuovi, interni alle arti visive, ma sono comunque una testimonianza del rapporto che l’arte ha con la società. L’esperienza di Orgosolo può essere riportata alla ricerca di forme nuove nell’educazione artistica dei ragazzi, è proprio quello che Francesco Del Casino ha fatto in quegli anni. Andrebbero tutelati proprio per questo. Quello che accade è un’altra prova della devastazione culturale che stiamo vivendo». (p.c.)

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