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Il triste epilogo di un gruppo che si è smarrito sul più bello

di Andrea Sini
Il triste epilogo di un gruppo che si è smarrito sul più bello

Dopo una stagione tra alti e bassi, i sassaresi sono arrivati scarichi al momento clou Trento avanti meritatamente, stasera alle 20 Savanovic e compagni salutano i tifosi

18 maggio 2017
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SASSARI. Il giorno segnato nel calendario per una possibile gara4 sarà quello del commiato. La rincorsa allo scudetto si è fermata prima, alla terza tappa. E così salutati in maniera frettolosa i playoff, stasera alle 20 la Dinamo si congederà dai propri tifosi nell’ormai tradizionale passerella di fine stagione.

Un brutto risveglio. Tre partite e tutti a casa, senza appello. I biancoblù di Federico Pasquni si sono presentati all’appuntamento con i playoff in versione “controfigura”. Dopo diversi mesi giocati ad alti livelli, da Natale in poi, la squadra tosta e mentalmente fortissima capace di mettere a segno un filotto di cinque vittorie nel mese di aprile, si è smarrita completamente. Un’involuzione improvvisa e inattesa, che ha riportato il livello di intensità, fiducia e gioco ai mesi bui dello scorso autunno. Trento, squadra corta e a sua volta non ricchissima di talento, ma che gioca 40 minuti con la bava alla bocca, ha usato sino in fondo le proprie armi ed è stata di fatto in pieno controllo per quasi tutti i 120 minuti di questa serie.

La parabola discendente. Una difesa non più ermetica ma a intermittenza, un gioco offensivo prevedibile e tutto sommato limitato, l’autostima in netto calo, hanno fatto emergere le pecche di una squadra decisamente povera di talento. Con Lacey unica vera stella insieme a un Savanovic crollato fisicamente, i sassaresi avevano fatto del gruppo e della mentalità la loro forza. Un equilibrio sul quale Pasquini e il suo staff hanno lavorato a lungo, ma che si è dimostrato precario ed è imploso all’improvviso come un castello di carte. Dal punto di vista della gestione, il coach sassarese in queste tre gare pare essere finito nel tunnel insieme alla sua squadra, dopo mesi nei quali era riuscito a vincere diverse gare grazie ai correttivi apportati in corsa dalla panchina: dalla zona adattata ai quintetti atipici con i tre piccoli. Se il suo bilancio personale nei playoff è terribile (0-6), è giusto citare anche i dati della regular season, che parlano di 22 vittorie in 38 gare.

Una serie mai giocata. Dal ko interno con Venezia in poi, la Dinamo ha perso smalto e ha visto precipitare il fattore “fiducia”. Anche con Trento, al netto dei meriti della squadra di Buscaglia, per tutte e tre le partite l’aspetto davvero preoccupante è stato lo sguardo dei giocatori. Che ci hanno provato, ma senza forse crederci davvero. L’Aquila l’ha messa sul piano fisico, ma al di là delle (tante, troppe) botte date, ha mandato in tilt la Dinamo cambiando regolarmente in difesa, fattore reso possibile dalla grande interscambiabilità delle pedine: se Shields può portare palla, se Craft può difendere in post basso su Lydeka (riuscendo a non fargli ricevere palla), allora diventa davvero difficile prendere le misure a una squadra che non ha caso ha vinto 15 delle ultime 18 gare. L’ossessiva ricerca di pick and roll, eseguiti per altro fuori ritmo, e le inverosimili percentuali al tiro da 3 di Carter e compagni (19/83 complessivo in tre gare, 22%, contro il 37,4 della stagione regolare) hanno fatto il resto, zavorrando i piedi di un gruppo che si è smarrito sul più bello.

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