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Pöstlberger, il carpentiere che costruisce sogni rosa

dall’inviato
Pöstlberger, il carpentiere che costruisce sogni rosa

L’austriaco ha sorpreso tutti sul traguardo di via Redipuglia e ha preso ben tre maglie «La vostra Sardegna è meravigliosa e mi ha portato bene, ci tornerò anche in vacanza»

06 maggio 2017
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OLBIA. Dopo il fango del doppio doping alla vigilia della partenza, ecco il volto fresco e pulito del ciclismo che coinvolge, che sorprende, che sorride. Quello di Lukas Postlberger, venticinquenne austriaco che con la sua Bora-Hansgrohe ieri a Olbia si è presa tutto: vittoria di tappa, prima maglia rosa del giro 2017, maglia ciclamino e maglia bianca del miglior giovane con il vincitore, e la maglia azzurra dello scalatore numero uno all’italiano Cesare Benedetti, in fuga per 201 chilometri.

«Ancora non mi rendo conto di quello che ho fatto – ha detto subito dopo il traguardo Postlberger, primo austriaco in cento edizioni del Giro a indossare la maglia rosa –.Ci vorranno, giorni, settimane, forse mesi e qualche bicchiere di vino per rendermene conto».

E racconta, prima di dedicare un pensiero alla Sardegna. «Dovevo tirare la volata al mio capitano, via radio mi ha detto che lui era indietro e che avevo fatto il buco e ha insistito: vai, vai vai! E sono andato. Mi sono buttato e non mi ha preso nessuno». Era una frazione per velocisti «ma il ciclismo è questo – prosegue –. Non erano adirati per l’esito della tappa, sanno di avere altre occasioni. Anzi, Greipel, gentilissimo, mi ha fatto i complimenti».

La Bora a Trieste è un vento che soffia impetuoso, a Olbia la Bora ha portato via tutto. Vincerete il Giro? «C’era tanto vento, per tutta la tappa. E’ stata dura. Avevamo un compagno davanti per cui non abbiamo dovuto faticare e nel finale avevamo energie. Vincere il Giro? Per ora ci godiamo questa giornata, la mia migliore della carriera e la migliore di tutta la Bora al Giro d’Italia».

Paul – che a fine gara il primo bacio sotto il palco l’ha riservato alla madre –, era destinato a fare il carpentiere (“Se a qualcuno serve una cucina me lo dica”, ha scherzato in sala stampa) ed è arrivato al ciclismo non da bambino, dopo il cross. Non si sente uno sconosciuto (“Nel gruppo siamo tutti coetanei e corriamo da tanto insieme, semmai adesso mi conosceranno fuori dal gruppo”), e ha tanta voglia di far bene, sulle orme del leader della sua squadra, Peter Sagan: «Lui le gare le vince da solo ma siamo una bella squadra, di amici. Anche per questo ho vinto».

Aveva visto il Giro d’Italia da bambino, in televisione. Ora è in rosa, e intende tenerlo il più a lungo possibile. Perlomeno qui in Sardegna, che gli ha portato fortuna. Un ragazzo di montagna come lui, nel vento e sul mare sardo. Gli hanno portato bene, hanno avuto un effetto positivo. «Sono stati giorni fantastici, questi vissuti finora in Sardegna. La mia squadra prima della partenza aveva l’albergo a Stintino e non potevi non perderti nel paesaggio, anche solo quando facevi una sosta per prendere un caffé. Noi ciclisti non è che d’estate abbiamo molto tempo da utilizzare, ma una volta che avrò smesso di correre la mia prima vacanza me la godrò in Sardegna». E’ un debito da riscuotere.

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