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Nicolò Barella, talento acqua e sapone del Cagliari

di Roberto Muretto
Nicolò Barella passa al Como
Nicolò Barella passa al Como

Il giovane centrocampista (classe '97) si confessa: "Ero un ragazzino terribile, ora sono tutto campo e famiglia"

29 marzo 2017
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CAGLIARI. E' forse l'oggetto più prezioso della "gioielleria" del Cagliari. Un talento cresciuto e formato nel vivaio della società rossoblù. Nicolò Barella, 20 anni appena compiuti, è maturato in fretta e tra qualche giorno diventerà papà di una bambina. Il "todocampista", termine sdoganato per etichettare il jolly capace di svolgere tutti i ruoli a centrocampo, è il prototipo del calciatore moderno: polmoni, classe, aggressività. Un profilo che viene seguito con la lente d'ingrandimento dai top club italiani ed europei. Nicolò si racconta a 360 gradi facendo emergere il suo lato più bello: l’umiltà.

Come è nata la passione per il calcio?

«Mio papà Luca è stato calciatore, giocava in Eccellenza nel San Sperate. Mi portava quando partecipava ai tornei amatoriali. Andavo con lui alle partite ed ero felice. Ho fatto il mio primo allenamento a tre anni con la "Gigi Riva».

In famiglia, quindi, è cresciuto a pane e… pallone?

«Sì. Mia madre Rita e mia sorella Martina che ha fatto danza, invece, sono state quasi "costrette" ad appassionarsi al calcio. Sono le mie prime tifose e al Sant'Elia la domenica non mancano mai».

Alla sua fidanzata piace il calcio?

«Ho trasmesso la passione a Federica. Adesso sa anche che cosa è il fuorigioco. Lei è una patita di motocross, sport che ha praticato seguendo suo padre e suo fratello».

Lo sa che in tanti lo paragonano a Nainggolan?

«Che bello! Ci assomigliamo perché in campo diamo sempre il cento per cento. Spero di fare la sua carriera ma ho ancora tanto da imparare per raggiungere quei livelli».

Qual è l'allenatore al quale si sente più legato?

«Un po’ a tutti. Da piccolo non avevo un carattere facile. Se devo fare un nome dico Franco Masia, è stato fondamentale, mi ha aiutato tantissimo e fatto crescere sul piano tecnico e dei comportamenti. Mi sento in debito con lui».

Con quale compagno di squadra ha legato di più?

«Nicola Murru. Siamo quasi coetanei, tutti e due sardi. Ci frequentiamo anche fuori dal campo. Tra noi c'è un’ amicizia sincera».

E' vero che voi calciatori vivete in un mondo tutto vostro e vi interessate poco di ciò che vi circonda?

«Nello spogliatoio ci capita spesso di commentare i fatti di attualità. Siamo informati. E' vero che passando tanto tempo ad Asseminello e siamo concentrati sul lavoro, ma ognuno di noi ha i suoi hobby e le sue passioni».

Ha una squadra del cuore?

«No, eppure in famiglia ci sono iuventini, milanisti e interisti. Mi piace il calcio ed essendo arrivato al Cagliari da bambino, il mio colore preferito è diventato il rossoblù».

Il suo idolo da ragazzino? «Dejan Stankovic. Ho sempre ammirato le sue giocate, provavo ad imitarlo. L'ho conosciuto due anni fa quando faceva il secondo all'Udinese, gli ho stretto la mano ma non ho avuto il coraggio di dirgli niente».

Il suo hobby preferito? «Mi piace molto il basket è fare passeggiate».

Avere addosso gli occhi di tanti club importanti aumenta le responsabilità o è uno stimolo in più?

«Non so mai se c'è qualcuno in tribuna venuto per seguirmi, in campo vado tranquillo. Sono felice perché questo vuol dire che sto crescendo. Io penso solo a giocare».

Quanto è stata importante l'esperienza in B col Como?

«Tanto, perché sono passato da un estremo all'altro. Non è stato facile perché prima giocavo con i più forti, dopo con chi si doveva salvare. Andare lontano da casa mi ha fatto maturare come uomo».

Le piacerebbe un'esperienza all'estero? Ìn quale calcio?

«Perché no. Amo la Premier League perché è un calcio agonistico, quello che più vicino alle mie caratteristiche».

Quanti meriti ha Rastelli nella sua crescita?

«Tanti. Mi ha dato fiducia e fatto giocare in diversi ruoli. Il resto è stata una conseguenza. E' una persona che pretende molto ma ti dà tantissimo».

Quanto è difficile essere profeta in patria?

«Sono sardo e tutti sono pronti a criticarti. Accetto i giudizi negativi, diventano uno stimolo. Ma mi lasci dire che è motivo d’orgoglio giocare con la squadra della tua città».

Il suo rapporto con la maglia azzurra?

«Penso al Mondiale Under 20 in Corea a maggio. Ricordo l'esordio con l'Under 15 in Belgio, il cuore batteva a mille. Il mio obiettivo è la nazionale maggiore».

L'episodio più bello che ricorda con piacere?

«L'esordio in serie A col Parma. A fine gara le bandiere del Cagliari, Conti, Cossu e Pisano mi hanno sballottato da una parte all'altra. Per me è stato il massimo ricevere i complimenti dai miei idoli».

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