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Olbia in ritiro forzato, ecco tutti gli errori

di Guido Piga
Olbia in ritiro forzato, ecco tutti gli errori

Pugno duro del presidente Marino dopo il ko col Tuttocuoio. I numeri decretano il fallimento del mercato. L’ira dei tifosi

27 marzo 2017
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OLBIA. Nel calcio non contano le parole, contano i fatti. Nel calcio parlano i risultati, parla il campo. Questo ripetono, ossessivamente, allenatori, presidenti, direttori sportivi, giocatori. Questo dice anche l’Olbia.

Bene. Prendiamoli, i fatti. Mettiamoli a confronto con le parole dei tifosi, infuriati e neri come mai dopo la sconfitta dei bianchi incassata con il Tuttocuoio. Il diciassettesimo ko, il più pesante (5-0), il più allarmante perché porta la squadra dentro i playout della serie C e la società a a reagire con l’imposizione di un ritiro lungo una settimana prima della sfida con la Viterbese.

Per i tifosi, nessun dubbio: l’Olbia si è indebolita con il calciomercato andato avanti per tutto gennaio. Sono partiti due portieri (Carboni e Montaperto), due difensori (Russu e Miceli) e sono arrivati un portiere (Ricci), un difensore (Iotti), un centrocampista (Benedicic) e un attaccante (Oguneseye). Da quel momento l’Olbia ha incassato una vittoria, sette sconfitte di fila, un pareggio e, sabato scorso, un’altra sconfitta. A sessione di mercato appena conclusa, era settima in classifica con 31 punti ed era dentro i playoff. Ora è quart’ultima con 32 punti ed è in zona playoff. Era vicina alla serie B, adesso lo è alla serie D.

Questo basterebbe per dare ragione ai tifosi: i numeri sono impietosi. Ma andiamo più in profondità. «Abbiamo fatto un mercato importante, si faccia il salto di qualità» aveva detto il presidente Alessandro Marino. Il campo ha detto che non è così. I dati - Marino è un docente universitario che li conosce per mestiere - sono ancora peggiori. Il sito Transfmarkt, specializzato nell’analisi del mondo sportivo, restituisce un quadro sconfortante. Prima del mercato di gennaio, il valore della rosa dell’Olbia calcio era di 3 milioni 600 mila euro, il sesto del girone A della serie C. A ieri, il valore è sì salito a 3 milioni 750 mila euro ma è sceso all’undicesimo del girone. In due mesi, l’Olbia, in questa speciale classifica, ha perso cinque posizioni. Ha dunque fatto un mercato peggiore delle concorrenti, è fuori discussione.

Ma c’è di più. Prendiamo altri numeri. Ricci, il portiere: arrivava dalla serie B portoghese, ma l’Olhanense non lo convocava da metà dicembre del 2016 e lo aveva mandato in panchina dall’8 ottobre di quell’anno. Benedicic, il centrocampista: arrivava pure lui da una serie B, quella inglese, ma il Leyton lo aveva mandato in campo l’ultima volta il 22 ottobre 2016 e non lo convocava dai primi di dicembe di quell’anno. È possibile che siano dei fenomeni, ma erano fermi da mesi, fuori forma. Perché sono stati presi? E poi: Oguneseye, l’attaccante, aveva un solo gol all’attivo. Non è un po’ troppo poco? E ancora: la gestione di Capello non sembra essere stata delle migliori. Era un passo dalla serie B, lui era felice; nelle ultime ore di mercato l’affare è saltato (perché?) e lui ne ha risentito psicologicamente.

Insomma, i dati non si prestano a interpretazioni: l’Olbia ha sbagliato, hanno ragione i tifosi, i critici ma civili tifosi bianchi. Quelli che ancora rimpiangono Mignani e si preoccupano per Tiribocchi, un allenatore - secondo loro - che rischia moltissimo senza avere la necessaria esperienza.

Marino sta prendendo nota: lui crede al progetto di un’Olbia protagonista fra i prof e alla salvezza anche. E per centrare l’obbiettivo, ha imposto il ritiro forzato vicino a Roma prima della partita, al Nespoli, contro la Viterbese. «Scelta doverosa e necessaria - ha scritto ieri -. Sono convinto che non esistano scorciatoie: ho disposto che i giocatori e lo staff lavorino 24 ore al giorno a stretto contatto come si fa nelle aziende quando si attraversano delle difficoltà. Bisogna guardarsi in faccia e interrogarsi sulla natura dei problemi per trovare la soluzione. Ci aspetta un trittico di partite decisive».

E’ Olbia aspetta che la società recuperi un rapporto nato bene, benissimo, e ora compromesso.

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