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Miracolo Dinamo la firma è di Pasquini

di Andrea Sini
Miracolo Dinamo la firma è di Pasquini

Banco ai quarti di Champions grazie al coach-alchimista

09 marzo 2017
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Federico Pasquini chiama a sé i due panchinari fissi, Monaldi ed Ebeling, e li abbraccia forte con ancora due possessi da giocare prima della sirena finale. La squadra al completo corre a salutare i propri tifosi, mentre Dusko Savanovic - madido di sudore e sfinito - si trascina sulle scale della tribuna e va a baciarli uno per uno. Piccole perle di una serata che si colloca a pieno titolo nel grande libro della storia biancoblù.

Una pagina di storia. La Dinamo entra per la prima volta tra le migliori otto squadre di una competizione europea e lo fa nel modo più autoritario possibile. Le fondamenta per l’accesso ai quarti di finale della Champions League erano state poste già nel match dell’andata, in particolare con un ultimo quarto di alto livello, ma il match di ritorno a Le Mans è stato per i ragazzi biancoblù – in maglia verde – un vero capolavoro. Pochi rischi, la capacità di assorbire la partenza a razzo dei francesi, per poi controllare le operazioni e mettere al sicuro il risultato ancora una volta nell’ultimo periodo, sono frutto di una solidità mentale e di una coesione di gruppo che hanno raggiunto ormai altissimo livello.

Revolution. Grande fiducia a livello individuale e chimica di squadra sono elementi figli della “mini-rivoluzione” iniziata a cavallo delle ultime festività natalizie. Da quel momento in poi, dopo due mesi complicatissimi (con gran parte della piazza che chiedeva la testa di Pasquini), la Dinamo ha cambiato passo, raccogliendo anche i frutti dei mesi precedenti. Nel frattempo la società è riuscita nel non semplice intervento di lifting sul roster, intervenendo là dove si evidenziavano le pecche più evidenti: cambiato il manico (da Johnson Odom a Bell) e irrobustito il reparto lunghi (da Olaseni a Lawal), il Banco appena due settimane fa ha pescato dal mercato un giocatore tuttofare come David Lighty, sveglio e concreto, che si incastra alla perfezione in questa squadra aggiungendo tanto in entrambi i lati del campo. L’ex giocatore dell’Aquila Trento era appena alla terza partita in biancoblù, eppure martedì sera all’Antares si è mosso come se fosse con questo gruppo dallo scorso agosto.

Chiamatela rivincita. In mezzo a tutto questo, la mano di Federico Pasquini e del suo staff. Subito dopo la partita in terra francese il coach biancoblù si è affrettato a ringraziare la società, i suoi collaboratori e i giocatori, ma è chiaro che buona parte dei meriti siano del super manager che si divide tra scrivania e panchina. La qualificazione alla seconda fase e poi ai quarti di Champions, una Final Eight di alto livello con la coppa Italia sfuggita solo negli ultimi istanti della finale e la squadra lanciata verso le zone alte della classifica in campionato, sono risultati in gran parte ascrivibili al tecnico ferrarese. In un gruppo con pochissime stelle (Lacey è destinato a diventarlo, Savanovic lo è ma è anche un anti-divo, gli altri sono buoni o ottimi giocatori), con tutti che aiutano tutti e fanno qualcosa per il gruppo, e con gestioni perfette dal punto di vista mentale come martedì a Le Mans, la mano di Pasquini è evidente, splendente, cristallina. Chiamatela rivincita, se volete, perché di fatto lo è. Nei confronti di chi? Di leggende del basket italiano come il “vate” Valerio Bianchini, che a suo tempo criticò pesantemente la Dinamo per non avere affidato la squadra a un vero allenatore, ma anche dei tanti tifosi che durante l’autunno nero ne chiedevano la testa, indicandolo come principale responsabile delle tante sconfitte e del momento nero.

I conti tornano. In mezzo allo scetticismo generale, il coach ha svariato dal manuale del piccolo chimico a quello della grande pallacanestro, e viceversa, tagliando e ricamando, cucendo e assemblando, riuscendo infine nel non facile compito di far tornare i conti. L’abbraccio finale a Ebeling e Monaldi, quelli col sedere a strisce, proprio mentre la squadra in campo tagliava lo striscione del traguardo, è la sintesi di questo percorso. Che ha una destinazione ancora ignota, ma che porta comunque Sassari nell’élite del basket continentale. Scusate se è poco.

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