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Già finito l’idillio tra il Sorso e Deliperi: tutelerò il mio nome

Già finito l’idillio tra il Sorso e Deliperi: tutelerò il mio nome

Il portiere sassarese racconta i veri motivi del licenziamento «Ho sentito un sacco di bugie, la vera vittima sono io»

28 gennaio 2017
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SASSARI. Venti anni di carriera ad alto livello (con la maglia della Torres, della Nuorese e di diverse società di serie C) e un presente come preparatore dei portieri delle rappresentative giovanili sarde. Simone Deliperi è un nome “pesante” del pallone isolano e la sua storia diventa emblematica di un certo modo di gestire i rapporti tra giocatori e presidenti nel mondo del calcio dilettantistico. Deliperi dopo un avvio di campionato tra i pali del Castiadas (in Eccellenza) ha ricevuto un’offerta dal Sorso (Promozione regionale girone B) e a dicembre ha accettato di scendere di categoria. L’accordo è stato festeggiato come l’”affare del secolo” ma l’idillio è durato poco. Dopo quattro partite il portiere è stato convocato dalla società ed è stato liquidato con quattro parole assai poco diplomatiche: «Ti abbiamo chiamato per fare la differenza ma le cose non sono cambiate. Per noi il rapporto si interrompe qua». Deliperi ha provato a chiedere spiegazioni poi ha deciso di raccontare la sua storia «perchè vivo di pallone e ho una dignità da difendere».

Simone cominciamo dall’inizio. Ci spiega la scelta di andare al Sorso?

«All’inizio dell’anno avevo firmato un contratto con il Castiadas ma, con due bambini piccoli, sono sopraggiunti problemi familiari che mi hanno costretto a guardarmi intorno. A dicembre ho ricevuto una chiamata dal Sorso. Mi hanno parlato di un programma ambizioso e mi hanno fatto una proposta che andava oltre il pallone (un’offerta di lavoro per i mesi estivi). Ci ho riflettuto qualche giorno poi ho detto sì e ci siamo lasciati con una stretta di mano».

I guai sono cominciati quasi subito.

«Abbiamo perso la prima partita con l’Usinese. Ma io non credo di aver colpe. Poi abbiamo pareggiato col Tempio e ci siamo fermati per la sosta di fine anno. Alla ripresa del campionato abbiamo vinto in casa della capolista Stintino, poi abbiamo perso con l’Ozierese. Il martedì successivo la società ha manifestato il suo malumore alla squadra e il giorno dopo sono stato convocato con il mister nel ristorante di Antonello Zappino, uno dei due presidenti. Ho pensato volessero un parere ma è bastata una telefonata a Massimiliano Nieddu (l’allenatore della squadra romangina ndc.) per scoprire che il motivo era un altro. Quando sono arrivato mi hanno comunicato il licenziamento motivandolo con fatto che non stavo rendendo per come si aspettavano».

Nessun segnale in precedenza?

«In realtà dopo la partita con l’Usinese ho saltato un allenamento per un dolore alla schiena e qualcuno ha storto il naso. Non ho dato peso alla cosa anche perchè poi il campionato si è fermato e ne ho approfittato per recuperare la condizione. Adesso ho sentito che uno dei motivi per cui hanno deciso di tagliarmi è che sono arrivato a Sorso rotto. E’ una bugia che mi fa male e che è smentita dai fatti: a Castidas ho sempre giocato e anche a Sorso non ho mai dato forfait».

Allora perchè il licenziamento?

«Perchè, probabilmente, hanno capito che la promozione è sfumata e stanno ridimensionando i programmi. Ma questo è un modo di procedere sbagliato e che mi fa male due volte perchè mette in forse la mia professionalità e perchè mi danneggia economicamente. Io vivo di calcio e ho una famiglia da mantenere. Ho accetto di scendere di categoria in cambio di alcune garanzie che si sono dissolte alle prime difficoltà».

Simone non può cambiare squadra?

«Purtroppo no. Il mercato è chiuso e dovrò aspettare la nuova stagione per cercare un altro club. Il Sorso avrebbe dovuto pensarci prima di prendere degli impegni. A maggior ragione se non era sicuro di poterli mantenere».

Che cosa le lascia questa esperienza?

«Una grande delusione perchè non si può negare a nessuno la possibilità di correre dietro un pallone. Io mi sono fidato del Sorso e adesso sento un mare di cattiverie sul mio conto: che non avevo feelling con i compagni, che i tifosi non mi amavano, che ero tornato a casa per svernare e altre amenità del genere. Sono bugie che non posso tollerare e per le quali mi tutelerò in altre sedi. Lo faccio perchè devo difendere 20 anni di onorata carriera e perchè è giusto che si sappia come, ancora oggi, vengono gestite certe società» (a.l.)

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