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Boccolini: è un gruppo col fuoco dentro

di Antonello Palmas
Boccolini: è un gruppo col fuoco dentro

Per il preparatore fisico quella creata in estate è una squadra vera in cui spiccano voglia di crescere e collaborazione

29 settembre 2016
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SASSARI. «Forse è la prima stagione in carriera che non ho dovuto mai alzare le voci con qualcuno. Anzi, a volte mi trovo a dover frenare la troppa voglia»: parola di Matteo Boccolini, preparatore fisico dei biancoblù, e se lo dice lui che come pochi ha il polso della situazione della nuova Dinamo di Federico Pasquini, c’è davvero da crederci.

Quarantaduenne, marchigiano di Porto San Giorgio, è da sei anni alla corte del Banco di Sardegna e ha quindi i numeri per dare un giudizio a pochi giorni dal via della serie A: lunedì arriva il Varese. «Le mie impressioni? Estremamente positive, sono molto contento di come si è lavorato in preseason e la gara di Torino è stata un test illuminante non solo per un coach ma anche per un preparatore. Non posso dire che siamo al top, non sarebbe nemmeno indicato, ma in un momento molto buono sì è l’ho anche detto ai ragazzi».

Cosa le è piaciuto in particolare?

«Ciò che vedo è un grande gruppo, e c’è un buon livello di condizione. Rispetto agli altri anni, mi piace lo spirito con cui ha affrontato aspetti per alcuni nuovi della preparazione, mostrando curiosità e voglia di mettersi in gioco. E poi l’attitudine al lavoro, molto professionale. Fortunatamente non ho mai avuto problemi, ma forse è il primo anno che vedo uno spirito davvero bello, merito di giocatori che comunicano tra loro e con gli staff tecnici e medici, che si sbattono, che si impegnano».

Un roster mai così variegato, tra italiani, Usa e giocatori dell’est crea problemi?

«Sì, ma è stimolante. Importante riuscire a interagire – ogni giocatore è diverso da un altro, italiani diversi tra loro – , è bello e favorisce una crescita continua. Un americano impara osservando la cultura del lavoro di un lituano o un serbo, impressionante come volume e con molto tempo in sala pesi, secondo i dettami della vecchia scuola slava. Ma un atleta dell’est che vede all’opera un collega Usa apprezza l’importanza del lavoro, ad esempio sulla postura, tipico di chi viene dai college. E entrambi scoprono il lavoro in acqua e sulla sabbia che piace agli italiani. Sono tre scuole che si incontrano».

Si viene da un anno particolare, cosa c’è di diverso?

«Sicuramente più voglia di rivincita da parte di chi è rimasto e fame di affermarsi da parte dei nuovi, nonostante provengano da situazioni diverse. In questo gruppo vedo il “fuoco dentro”. Oggi (ieri, ndc) nessuno ha fiatato per un allenamento di due ore a intensità altissima. Non ci sono egoismi, si ragiona di squadra. E, se posso entrare nel discorso tecnico, c’è una gran difesa, molta voglia di far circolare la palla in attacco per cercare l'uomo libero. Emergeranno inevitabilmente dei leader, ma senza essere primedonne».

Chi l’ha impressionata?

«Dal mio punto di vista Jack Devecchi e Brian Sacchetti stanno facendo un lavoro incredibile. E poi Monaldi e Ebeling: si stanno sbattendo tantissimo, troveranno il loro spazio. E Trevor Lacey. Secondo me ha un talento di cui ancora non ci si rende conto e ha ancora margini enormi di miglioramento. È giovane e ha voglia. Potenzialmente è una belva e costruirlo per me è molto, molto stimolante».

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