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C’È ANCHE RIO ADESSO NELLA STORIA

I Giochi olimpici non si mettono in archivio. Diventano storia. Atleti, medaglie, bandiere, gioie e delusioni sono un patrimonio inestimabile non solo per lo sport ma per il mondo intero. È per...

23 agosto 2016
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I Giochi olimpici non si mettono in archivio. Diventano storia. Atleti, medaglie, bandiere, gioie e delusioni sono un patrimonio inestimabile non solo per lo sport ma per il mondo intero. È per questo che, da quando esistono, le Olimpiadi moderne vincono sempre. Riuscendo a superare ostacoli e polemiche all’apparenza insormontabili. In anni lontani anche i dittatori dovettero inchinarsi alla grandezza dello sport universale: 1936, a Berlino sotto i baffetti di Hitler sfila la sagoma filiforme ma dirompente di Jesse Owens, che in quei Giochi di ori ne vince quattro. Il fuhrer fa un cenno con la mano, il campione afroamericano ricambia. Nel 1972 il terrorismo irrompe nel villaggio olimpico, il massacro di 11 atleti per mano dei palestinesi di Settembre Nero macchia di sangue i Giochi che passano però alla storia come quelli di Mark Spitz (7 gare, 7 vittorie) e del sorriso di una ragazzina, Novella Calligaris. Che dire dei Giochi dimezzati del 1980 a Mosca, senza gli americani, che per tutti restano le Olimpiadi di Pietro Mennea, la freccia del Sud.

E quando quattro anni dopo il blocco sovietico restituisce il boicottaggio agli statunitensi, i Giochi di Los Angeles sono quelli di Carl Lewis, l’erede di Owens. Quelli di Rio non passano certo alla storia per i disagi, l’acqua verde delle piscine, il traffico e gli scandali politici brasiliani. Sono già i Giochi di Bolt, dei cinesi che si promettono le nozze a bordo vasca, delle nostre medaglie che sono più belle di quelle degli altri. Ora tocca a Tokyo, dopo forse a Roma. La storia non può attendere.

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