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Scappata a nuoto dalla Siria, Yusra farà i 200 stile «Voglio una vita»

«Partecipare a un’Olimpiade è un’opportunità per mostrare che i rifugiati in tutto il mondo sono persone che, prima di fuggire, avevano una vita, una storia e un lavoro. La nostra presenza può essere...

30 luglio 2016
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«Partecipare a un’Olimpiade è un’opportunità per mostrare che i rifugiati in tutto il mondo sono persone che, prima di fuggire, avevano una vita, una storia e un lavoro. La nostra presenza può essere una forma di cambiare il modo in cui siamo visti».

A Rio quella di ieri è stata la giornata della rappresentativa dei Rifugiati, all’aeroporto Tom Jobim ne sono arrivati otto: cinque atleti del Sudan del Sud, un maratoneta dell’Etiopia e due judoka della Repubblica Democratica del Congo. Il resto della squadra, i due nuotatori siriani Yusra Mardini, 18 anni, e Rami Anis, 25, sono nella Città Meravigliosa da martedì scorso e raccontano l’emozione che provano con l’avvicinarsi dell’inizio dei Giochi. Yusra, che faceva parte della Nazionale siriana di nuoto fin dal 2012 e gareggerà nei 200 stile libero, è una sorta d’eroina, fuggita poco più di un anno fa dalla guerra civile e arrivata sull’isola greca di Lesbo a nuoto, spingendo insieme alla sorella Sarah, anche lei nuotatrice, e ad altri due ragazzi il gommone, strapieno di persone, sul quale si trovavano. Il loro gesto salvò delle vite umane, ma lei non ne fa un vanto («se non fossi riuscita a salvare quelle persone non me lo sarei mai perdonato»), e ora pensa all’Olimpiade: l’obiettivo primario sarà «divertirmi, perché non credo di poter andare oltre le semifinali. Ad un’eventuale medaglia penserò a Tokyo 2020, Rio è invece l’occasione di ricominciare la mia vita da atleta. Ciò che desidero è soprattutto avere un futuro».

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