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Basket, quando 70 anni fa Sassari scoprì la “palla al cesto”

di Andrea Sini
Basket, quando 70 anni fa Sassari scoprì la “palla al cesto”

Gli antenati della Dinamo, 70 anni fa, tra polvere e passione

25 luglio 2016
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SASSARI. Canestri rudimentali in legno, fondo in terra battuta, palloni rarissimi da preservare come oggetti preziosi. Gli antenati di Jack Devecchi e Brian Sacchetti si scaldavano prima delle partite innaffiando il campo e livellandolo con un rullo. Poi andavano a saltare per la palla a due e il sogno poteva iniziare. Li chiamavano “eroi del Meridda” ma di eroico, nella loro storia, c’è soprattutto il modo nel quale praticavano questo nuovo sport tutto americano.

I pionieri. Settant’anni prima dello storico scudetto vinto dalla Dinamo, e un decennio abbondante prima della nascita della Dinamo stessa, a Sassari la “palla al cesto” è una disciplina già conosciuta e praticata da un numero notevole di sportivi. Le notizie delle prime sfide cittadine risalgono al periodo a cavallo tra la fine degli anni Trenta e l’inizio dei Quaranta: si giocava nel campo ricavato nel cortile del Convitto (accanto a Santa Caterina) oppure al Meridda. Protagonisti, nella quasi totalità dei casi, i liceali o comunque gli studenti degli istituti superiori. Come ricorda Beppe Meloni, nella primavera del 1941 il Convitto superò l’Istituto tecnico commerciale per 17-15. Le cronache del tempo tramandano i nomi dei protagonisti: Delitala, Fele, Spano, Demuro, Sachena, Demurtas. C’è anche un diciassettenne arrivato a studiare in città da Lanusei; con la “pallacesto” se la cava piuttosto bene: si chiama Dino Milia.

La svolta. Nei primissimi anni del Dopoguerra lo sport trova una nuova spinta un po’ ovunque. Con lo sbarco degli alleati, in piazza d’Armi è spuntato un campo a forma di diamante, ma al momento il baseball non è roba per i sassaresi. La Torres, istituzione cittadina ormai da 40 anni, riparte di slancio non solo nel calcio, ma la pallacanestro continua a essere una prerogativa degli studenti. Insegnanti come Dino Siddi, fratello dell’olimpionico Tonino, e Menico Fracassi, fanno la fortuna dei loro allievi, che però - nonostante l’applicazione e la passione - alle prese con quello sport americano non riescono a fare grandi progressi. La tecnica è quella che è, il gioco ristagna e difficilmente le squadre superano i 20 punti. La svolta arriva nell’estate 1948, quando a Sassari compare un omone di colore, con un fisico imponente e un sorriso rassicurante. Si chiama Elliott Van Zandt, è americano ed è il commissario tecnico della nazionale azzurra. Da qualche mese ha iniziato a girare l’Italia, un po’ alla ricerca di talenti, un po’ per fare proselitismo. «Ci insegnò tutto – ricorda oggi Alberto Pietri, 86 anni, una delle “stelle” del basket sassarese di quel tempo –. Quei mesi di lezioni di tecnica e tattica sono stati essenziali. Abbiamo imparato la difesa a uomo e a zona, gli attacchi con il pivot, i blocchi, la tecnica per tirare dalla distanza. I fondamentali, insomma. Van Zandt ci rivelò il vero volto del basket».

Gli eroi del Meridda. L’impatto di Van Zandt con la realtà in terra battuta popolata da questa nidiata di cestisti è semplicemente fragoroso. Il livello del gioco cresce in maniera esponenziale, insieme ai punteggi. Ci sono squadre che vanno oltre i 100 punti, e ci sono talenti naturali che, una volta indottrinati da un istruttore esperto, sono capaci di segnare anche 50-60 punti in una partita. Tra questi c’è proprio Alberto Preti. «Io ero il capitano della squadra dello scientifico – racconta –, in effetti ero bravino e con il mio metro e ottanta di statura ero anche uno dei più alti. Ma non ero l’unico a cavarsela: penso a Ciaccio Spina, a Tore Vacca, a Mazzanti e a tanti altri». Spina arriva a segnare 68 punti in una partita, Preti ne mette 56 contro l’Agrario. Gli eroi del Meridda diventano tali al termine dell’anno scolastico 1948-’49, quando si aggiudicano il titolo studentesco regionale, battendo tutte le formazioni sassaresi e cagliaritane. Con una chicca: la vittoria sul Cus Sassari, che nel frattempo ha messo su una formazione di studenti universitari per partecipare al campionato di serie C.

Il basket rosa. La pratica della pallacanestro diventa sempre più popolare, le 8 squadre iscritte ai campionati studenteschi cittadini sono ormai solo la punta di un iceberg e in quello stesso anno scolastico si gioca anche il torneo femminile, al quale si iscrivono quattro istituti: magistrali, classico, tecnico e scientifico. Molte di queste giocatrici confluiranno presto nella squadra della Torres, che dominerà il campionato regionale femminile per tutti i primi anni Cinquanta.

Verso nuovi orizzonti. I cestisti sassaresi iniziano a varcare il Tirreno: i primi erano stati, durante le guerra, i giovani del Guf, poi le selezioni cittadine iniziano a partecipare ai concentramenti interregionali. C’è spazio anche per una sfida molto particolare: nell’estate 1949 la Torres, con in campo Vacca, Vitale, Spina, Biamonti, Cordella, Fadda, Vitali e Preti, batte per 47-39 i corsi dell’Ac Ajaccien. La Dinamo nascerà 11 anni più tardi, l’Eurolega è ancora di là da venire, ma per Sassari è il primo assaggio di basket internazionale. Se non sono eroi questi.

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