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Hotel, cene, bocce: scaramanzie da ct

di Alessandro Bernini
Hotel, cene, bocce: scaramanzie da ct

I gesti maniacali di Conte che però si definisce fervente cattolico: «Prego molto»

29 giugno 2016
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INVIATO A MONTPELLIER. Come diceva Eduardo De Filippo, “essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. Ecco perché Antonio Conte, il condottiero, ama sentirsi le spalle protette non solo da Buffon, Bonucci, Chiellini e Barzagli, ma anche da una signora che sostengono sia bendata, ma in realtà spesso ci vede meglio di noi.

Tattica e scaramanzia insomma che si sovrappongono meglio di De Sciglio e Giaccherini. Perché il particolare fa la differenza, e allora insieme a dieci schemi per liberare al tiro Eder, non è male pensare anche a prenotare quell’albergo dove l’ultima volta avevamo vinto. Conte segna tutto. Squadra che vince si può anche cambiare, albergo che vince invece non si tocca ed è titolare fisso. Chiedete pure ai dirigenti della Juve.

D’altronde sta tutto dentro la ripetizione dei gesti. Come quello schema provato mille volte in allenamento, con l’interno di centrocampo (Giaccherini o Parolo) che sale alto sulla fascia, riceva palla e di prima lancia la punta che si infila dentro. Ripetizione di gesti. All’infinito. Come le cene del giovedì a Bari con Vincenzo Matarrese, allora presidente: tutto ebbe inizio dopo qualche giornata, il Bari infilò una striscia di vittorie e allora poteva anche cadere il mondo ma il giovedì la cena andava fatta. Stessa storia ma interpreti diversi a Siena, dove ogni venerdì Antonio Conte organizzava una serata con gli stessi invitati. Si dice che nessuno abbia mai osato dire “avrei un impegno...” mettendo a rischio pure matrimoni.

Per carità, ora non esagerate. Non è che Antonio Conte abbia vinto quasi ovunque perché organizzava le cene e sceglieva gli alberghi. Ma tutto fa, come disse quello che faceva pipì in Arno.

A Vinovo, quando allenava la Juve, il più felice era il custode, quello che la mattina guida la carriola e sparge il gesso sulle linee bianche del campo. Perché Conte guarda il calendario, guarda gli avversari ma guarda anche le linee del campo. E se possibile, non le pesta mai. Nè quelle del campo, nè quelle per strada. Chissà, magari la sensazione sarebbe quella di camminare sul filo, di stare in bilico, e invece Conte ama sentirsi forte e protetto alla guida della sua squadra, magari su un’autostrada a 4 corsie dove puoi sorpassare tutti.

Sacro e profano? Ma sì, basta che porti bene. Conte è un cattolico fervente: «Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia religiosa - ha dichiarato - Parlo molto con Dio. Prima di dormire, prego sempre. Faccio il segno della croce anche prima di mangiare, mi affido a Dio e affido a lui i miei ragazzi. Finché Dio è dalla mia parte, non ho paura di niente».

Quel giorno, il 18 ottobre 2011, un po’ di paura deve averla avuta. All’intervallo di Chievo-Juve lo beccano le telecamere: Conte estrae di tasca una boccetta d’acqua benedetta, fa uno strano rituale e poi la bacia. Come finì quella partita? 0-0, ma Del Piero salvò sulla linea un gol già fatto. Hai visto mai...

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