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Dinamo Sassari, zanne lunghe e cuore d’oro: anche Sirbo è un vincente

di Mario Carta
Sirbo, la mascotte della Dinamo con il capitano Jack Devecchi
Sirbo, la mascotte della Dinamo con il capitano Jack Devecchi

La mascotte biancoblù si nutre di sorrisi ed è il primo amico dei tifosi. Ha rappresentato la Sardegna all’Expo ed è sicuro: «Voglio continuare»

23 maggio 2016
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SASSARI. Sirbo, il numero doppio zero sulla maglietta è farina del tuo sacco?

«Veramente avrei voluto il numero uno come la scorsa stagiome, ma era blindato da Petway. Ubi maior...»

Maior.... Petway? Sicuro?

«Era uno dei titolari, quindi... Ma il numero non conta, fa poca differenza che sia il 100 o il 1200, quel che conta è che la gente al palazzetto sorrida e passi una bella serata. Però per la prossima stagione ho già inoltrato la richiesta per riavere il mio numero uno»

Niente balli sardi, Sirbo, sul parquet del PalaSerradimigni. Per le tue coreografie a chi ti sei ispirato?

«A me stesso. All’inizio andavo molto all’impronta, un po’ allo sbaraglio magari, ma tutte le fesserie che mi vedete fare sono made in Sirbo. Ogni volta che mi invento qualcosa la miglioro per la successiva. Cerco di essere originale».

Chi ti ha stretto la mano sa che spesso ci scappa una caramella. Specialmente i bambini.

«Mi fa piacere dare qualcosa, è uno dei motivi per i quali faccio con piacere questo lavoro: vedere le persone che sorridono».

I bambini, soprattutto.

«Sì, ma non solo. Sorrido anch’io. Quando ho una giornata storta, e capita a me come a tutti, dopo tre minuti che sono sotto quella maschera mi passa tutto, e dimentico. La gente-Dinamo ti dà energia e te la danno i bambini come gli adulti. Non c’è un’età per sorridere, anzi gli adulti spesso sono i più entusiasti, ti danno il cinque o ti abbracciano, e scambiano due parole con te quando entrano al palazzetto».

La tua fidanzata ti ha detto che ti sei inselvatichito? I tuoi amici ti prendono in giro?

«Qualcuno dice che ho messo su le zanne, mi sfottono un po’ e minacciano di farmi lo sgambetto ma poi no, non l’hanno mai fatto».

Quanto pesa tutta quell’attrezzatura?

«Più che altro è ingombrante, non è una questione di peso. A volte il testone ballonzolla un po’ troppo e ci scappa il torcicollo ma è sopportabile, mi rende goffo ma è il bello di Sirbo».

Chi ha realizzato la maschera?

«Una ditta specializzata, fornito il disegno e realizzato. E’ fatta molto bene».

Ti hanno mai chiesto l’autografo?

«Sì, la prima volta è capitato alla fine di una partita dei playoff, un bambino aveva la maglietta ufficiale con la mia caricatura e io ero molto orgoglioso. Altre volte chi chiedeva l’autografo ai giocatori l’ha voluto anche da me».

Sei un cinghiale domestico, stanziale al PalaSerradimigni, ma anche da esportazione.

«Sono andato in trasferta con la squadra all’Expo ed è stato molto bello. Anche chi non si intendeva di basket si è lasciato coinvolgere e in tanti hanno voluto un selfie con Sirbo, comprese tante bellissime ragazze. Non potevo parlare, ma ogni sorriso è stato un successo».

Quest'anno meno sorrisi?

«Non sono d’accordo con chi sostiene che questa stagione non è stata positiva. Nello sport come nella vita esistono dei cicli, semplicemente l’anno scorso è stata fatta una cosa veramente grande e quest’anno siamo ripartiti con tanti cambiamenti, per metabolizzarli c’è voluto tempo. Ma non per questo bisogna parlare di fallimento, l’impegno di giocatori non è mai mancato e l’intero PalaSerradimigni è sempre stato con la squadra per cui ora si guarda avanti, senza paura».

Dov’è la tua tana al palazzetto?

«E’ ben... nascosta nel tunnel degli spogliatoi degli ospiti».

Sirbo infiltrato...

«Ma no. Non è mai successo niente di disdicevole, mai un insulto anche durante i playoff, quando pure l’atmosfera si scalda. Anzi, mi sorridono anche gli avversari. Il mio testone talvolta aiuta a stemperare il clima. E’ questo il Sirbo power».

Nel grande caravanserraglio delle mascotte a chi ti ispiri? Con chi hai avuto dei contatti?

«Nessun contatto con altre mascotte ma mi piacerebbe incontrare Leone della Reyer Venezia, mi sembra un tipo tranquillo, ha il faccione simpatico e mi piace quando scodinzola».

Il re della foresta del basket e il re della macchia mediterranea sarda.

«Con una differenza però, io sono la mascotte campione d’Italia, e ho potuto dirlo per un’intera stagione con un orgoglio tutto sardo, sirbonesco».

Che rapporti hai con i giocatori?

«Ottimi con tutti ma speciale con Devecchi. E’ cominciata l’anno scorso quando per scherzo mi ha chiamato Sirio invece di Sirbo, ci siamo conosciuti anche oltre la maschera ed è rimasto. Penso di essere l’unica mascotte ad avere il soprannome di quello che di per sé è già un nomignolo».

Cosa succede durante la stagione di caccia?

«Niente, nessuno oserebbe far del male a Sirbo. Ma quando qualcuno ci scherza su io mi metto le mani dove non si può dire».

Stagione finita, adesso cosa succede?

«Adesso vado in... letargo, anche perché è stata una stagione veramente stancante. Ho anche dovuto saltare qualche partita fra febbraio e marzo per via di un infortunio, come accade anche ai giocatori, ma ora sono in ripresa e il pensiero è già alla prossima stagione, quando con la Dinamo tornerà anche Sirbo. E lo farò ancora una volta con piacere, perché anche se in fondo si tratta di un lavoro è un lavoro che mi fa sorridere, e non c’è niente di più bello».

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