La Nuova Sardegna

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Lavoro e difesa, ecco Calvani

di Roberto Sanna
Lavoro e difesa, ecco Calvani

Il coach del Banco si presenta: «I giocatori che non si impegnano con me fanno fatica»

25 novembre 2015
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SASSARI. Il presidente Stefano Sardara aveva detto che non avrebbe mai voluto essere nei panni del successore di Meo Sacchetti. Marco Calvani ribalta invece il tavolo: «Sono onorato e mi sento un privilegiato per questa chiamata, per venire ad allenare la Dinamo c’era la fila». Il nuovo corso biancoblù è cominciato alle 11,43, con un leggero ritardo rispetto al previsto. Calvani entra nella Club House insieme al general manager Federico Pasquini («Mi ha scelto lui, sarà un appoggio importante perché è ancora un allenatore che potrà darmi il suo punto di vista particolare da dietro la scrivania») e si sottopone alla prevista raffica di domande. Nel locale tanti tifosi e curiosi assistono in silenzio a un avvenimento eccezionale perché in quel locale sono passati tanti giocatori ma nessun nuovo allenatore a stagione avviata. L’ultimo esonero, guarda caso, era stato quello di Riccardo Paolini, proprio l’avversario battuto lunedì sera, che nella stagione 2006/07 in Legadue lasciò il posto a Massimo Bernardi.

Onore a Meo. Come da galateo, il coach subentrante ha appaludito il lavoro dell’uscente: «Meo Sacchetti in questi anni è stato un modello per tutti noi, un modello dal quale attingere perché ha saputo portare avanti il suo basket originale dimostrando di poter vincere tanto. Sarei rimasto sorpreso se il pubblico non gli avesse tributato quegli onori. Poi ognuno è se stesso e non penso sarei credibile se cercassi di scimmiottare altri».

Si volta pagina tecnica. Se Meo amava spudoratamente i punteggi alti e chiedeva ai suoi uomini di dare qualcosa in più in difesa quando era il momento di vincere la partita, Calvani è agli antipodi: «Nella mia concezione la difesa è la base di partenza, la sicurezza che una squadra deve avere perché non sempre l’attacco ti sostiene. Lunedì all’intervallo ho visto 57 punti segnati e anche 48 subiti contro una squadra come Pesaro, che non è certo di prima fascia. Non sempre puop avere un Logan che fa 5/5 da tre punti, avere un giocatore così in squadra serve invece soprattutto a risolvere le situazioni più intricate, è un valore aggiunto».

Chi è il coach Calvani. «Sono un aziendalista che comunque porta avanti le sue idee. Mi alzo presto e comincio a lavorare, vado a letto tardi. Sono amante del confronto, ho chiesto un ufficio nel quale posso parlare con chiunque voglia farlo. Da questo punto di vista penso che non sarei potuto finire in un posto migliore, la Dinamo resta un modello di organizzazione. Se mi ritengo un sergente di ferro? Se esserlo significa avere rispetto di chi mi dà lo stipendio e trasmettere il messaggio ai giocatori allora sì, lo sono, chi non ha voglia di lavorare con me fa fatica. Nel senso stretto no, mi ritengo semplicemente una persona equilibrata che cerca di trasmettere un senso di rispetto nei confronti di chi lo paga».

Nuova squadra e vecchie facce. «Ho ritrovato Massimo Maffezzoli e sicuramente averlo con me è un grande aiuto. Mi è piaciuto molto anche il feeling che c’è tra lui e Paolo Citrini, può aiutarmi molto nel lavoro quotidiano. Prima della partita sono andato a salutare Varnado e gli ho chiesto: Jarvis sei tu o tuo fratello? Volevo fare una battuta e anche mandargli un messaggio su quello che finora è stato il suo rendimento. Ho ritrovato anche Lollo D’Ercole, sono sicuro che troverà anche lui la giusta collocazione. In generale, ho l’obiettivo di riportare la Dinamo sui livelli che le competono, nell’eccellenza. Se poi troveremo squadre capaci di batterci, renderemo loro onore. Prima della partita contro Pesaro, col permesso di Massimo Maffezzoli, ho parlato coi giocatori e ho chiesto loro di essere sereni, di non entrare in campo con un borsone di problemi sulle spalle. Tornare sul mercato? Non certo ora. Ho il dovere di far rendere al meglio le risorse a mia disposizione, non di tracciare linee rosse e bocciare la gente».

Il campionato italiano. «Sicuramente rispetto agli ultimi anni ci siamo involuti, in Italia il campionato è regredito rispetto ad altri paesi europei. Colpa anche della crisi economica globale, qualche paese è riuscita a superarla meglio, altri sono rimasti nel guado. In questo momento vedo comunque tante nuove realtà, come Pistoia, Trento e la stessa Reggio Emilia. Mi fa piacere perché è sintomo di vivacità e anche perché è la conferma che non sempre è il budget a determinare i risultati».

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