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Mido Hamzik Taal dal Ghana al Valledoria sognando di essere Pogba

di Roberto Sanna
Mido Hamzik Taal dal Ghana al Valledoria sognando di essere Pogba

Il 18enne, che domenica ha fatto il suo esordio in Eccellenza in maglia rossoblù segnando un gol, racconta il suo lungo viaggio da migrante attraverso l’Africa: «Due anni terribili ma voglio giocare in Serie A e so che un giorno ci riuscirò»

30 ottobre 2015
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VALLEDORIA. Il suo brivido è il gol. Dribbling secco fuori area, poi una legnata tremenda. La palla si infila in rete di prepotenza, il portiere del Tergu nemmeno la vede. E pazienza se poi il Valledoria la partita l’ha persa, Mido Hamzik Taal quel gol lo ha aspettato per due anni. Da quando, partito dal Ghana, ha attraversato l’Africa nord-occidentale per arrivare in Libia e salire sul barcone che l’avrebbe portato in Italia. In testa aveva un sogno: «Giocare nella vostra Serie A. Come Paul Pogba, il mio idolo». Il primo mattone del sogno l’ha posato domenica nel campionato di Eccellenza con la maglia rossoblù del Valledoria.

Comunità africana. Mido dallo scorso maggio vive insieme ad altri novanta ragazzi africani, quasi tutti tra i venti e i trent’anni, nel Centro accoglienza di Valledoria. Uno stabile nato come casa di riposo e riconvertito per un altro tipo di ospiti,una sistemazione dignitosa in appartamenti bifamiliari per quattro o sei persone, sempre col bagno indipendente. Solo una tappa di passaggio nelle lunghe rotte delle migrazioni di massa: «Qui in genere si fermano in pochi – racconta il direttore del centro Orazio Guerra –, la maggior parte prosegue autonomamente verso la loro destinazione. Non avvisano, semplicemente spariscono e non li vedi più. Seguono rotte particolari, probabilmente sono in contatto coi connazionali che li hanno preceduti e magari gli fanno anche il biglietto per ripartire. La convivenza con la gente del paese? Direi buona, per certi versi il fatto di vivere in un piccolo centro aiuta tutti a entrare in contatto e anche a stabilire delle regole. Per esempio, quando qualcuno si è messo fuori da un supermarket a chiedere l’elemosina gli è subito stato detto che non era il modo giusto di comportarsi e loro immediatamente hanno smesso. Poi ci sarà anche qualcuno al quale questi ragazzi non vanno a genio, ma lo puoi trovare dappertutto. Casomai qualche problema ogni tanto può sorgere tra loro, capita in queste convivenze forzate e in più possono anche esserci storie tra etnie diverse».

Un viaggio terribile. Mido invece l’Italia non l’ha mai vista come una tappa intermedia. «Andare in Francia o in Germania? Non se ne parla nemmeno – ride – io volevo proprio l’Italia. Perché sono andato via di casa? È una lunga storia, lasciamo perdere. Sono partito da solo, la mia famiglia è rimasta in Ghana, ogni tanto ci sentiamo. È stato un viaggio lungo, difficile, molto pericoloso. In due anni ho attraversato Senegal, Mali, Burkina Faso, fino ad arrivare in Libia. Per l’ultimo trasferimento sono salito su un barcone nel quale eravamo stipati in novanta, siamo partiti alle cinque di mattina e arrivati alle due e un quarto del pomeriggio, una traversata terribile. A Cagliari saremmo rimasti forse due ore, ci hanno immediatamente trasferiti qui a Valledoria. Mi sono subito trovato bene, la gente del paese è stata molto gentile con me e mi hanno fatto sentire uno di loro». Una volta arrivati, questi ragazzi hanno soprattutto il problema di come trascorrere il tempo. Per loro stanno già predisponendo dei progetti sociali, qualcuno sta provando a imparare un lavoro, poi c’è la scuola di italiano. Mido, se non altro, sapeva già che cosa cercare: un campo e un pallone.

La tonnara. Le giornate, specie all’inizio, sono lunghe da passare, quasi tutti coi primi soldi acquistano uno smartphone e si perdono su Facebook. Ben presto c’è stata la scoperta di un campetto in terra battuta a fianco allo stadio e per molti si è aperto un nuovo mondo. Partite interminabili, sfide estenuanti in mezzo alla polvere di quel rettangolo che si è trasformato ben presto in una tonnara con poche regole. Squadre anche di tredici o quattordici giocatori nelle quali nessuno vuole uscire, calci e calcioni, zuffe, testosterone a mille perché in campo si regolano anche i conti e si sfoga la frustrazione del non toccare una donna da mesi.

L’occhio del mister. Alla fine dell’estate comincia ad animarsi anche il campo principale in erba, per il Valledoria è il momento di riprendere la preparazione. I dirigenti, l’allenatore Giorgio Ventricini e i suoi collaboratori si fermano a vedere quelle sfide selvagge: «Erano tanti, ho pensato che qualcuno avrebbe potuto esserci utile» dice. Soprattutto per le regole dei fuori quota, ragazzi di determinate fasce d’età che una squadra deve schierare per forza. «Ho visto subito che qualcuno di loro sapeva giocare, li abbiamo invitati agli allenamenti. Il primo che si è presentato non è andato molto bene, Mido ci è piaciuto subito. Mi ha colpito perché è veloce e capace di stare in campo anche in una squadra strutturata come la nostra».

Il brivido del gol. Meno di dieci allenamenti e Mido è pronto per l’esordio. Con l’autocertificazione sottoscrive di essere nato nel 1997 e, soprattutto, di non aver mai giocato in un club importante perché altrimenti per tesserarlo servirebbe un complicato giro burocratico. «Non ho mai giocato in una vera squadra – dice –, solo partitelle tra amici. Il calcio è sempre stato il mio grande amore, tornavo a casa dopo la scuola e andavo nei campetti a giocare con gli amici. E la sera guardavo in tv le partite della vostra Serie A, sono un tifoso della Juventus e conosco benissimo la Roma, l’Inter, il Milan. Ora che sono in Italia posso giocare seriamente, prima o poi sfonderò». Sabato gioca la prima partita con la formazione juniores e fa una promessa ai compagni: «Oggi faccio due gol». Ed è doppietta. Il giorno dopo va a Tergu con la prima squadra e nel primo tempo è imprendibile, la gente è allibita. Il calcio, adesso, potrebbe già portargli qualche soldo in più in tasca, un piccolo rimborso spese. E quando riceverà il permesso per lavorare potrà anche provare a fare il professionista. Un giorno, chissà, Mido giocherà davvero in Serie A. Per ora il suo brivido è indossare la maglia del Valledoria: «Una sensazione pazzesca, ho fatto gol per la gente paese. Perché finalmente mi ha fatto sentire orgoglioso di me stesso».

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