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Torres retrocessa in serie D, Sassari si ribella: è un’ingiustizia

Mario Carta
Torres retrocessa in serie D, Sassari si ribella: è un’ingiustizia

Calcioscomesse, città sotto choc dopo la sentenza. Sicuro il ricorso in terzo grado. Indignazione per una condanna che mette sotto accusa i ragazzi della formazione Berretti

31 agosto 2015
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 Sassari domenica si è svegliata pesta, bastonata. Sentenza di primo grado ribaltata, la Torres retrocessa in D. Ingiustizia, decisione illogica? Ma stare a rigirarsi nel letto è inutile. Bisogna alzarsi, levarsi. Bisogna fare. Le proteste e le parole lasciano il tempo che trovano e indignarsi serve a poco, si seguirà la via del ricorso in terzo grado per la giustizia sportiva e al Tar e al Consiglio di Stato per quella ordinaria, se necessario.

Quel che serve però è un fronte comune. Perché la Torres è di Sassari ma il torto lo paga tutta la Regione, che perde l’unica altra squadra pro dopo il Cagliari e adesso viene penalizzata anche sul fronte sportivo, economico, politico. In attesa delle motivazioni, ammettendo che la sentenza sia equa, e ammettendo anche che nel ragionamento dei giudici d’appello esista una logica, resta però una considerazione che trasforma in nera una giornata già triste.

Condannando la Torres per illecito si condannano i giocatori che avrebbero commesso l’illecito, e quei giocatori, per quella partita di Coppa Italia disputata contro il Pisa, erano i ragazzini della formazione Berretti, sassaresi dai 16 ai 18 anni che hanno affrontato un team di uomini fatti, di professionisti.

I genitori di quei ragazzini rossoblù non riescono a capacitarsi che i loro figli abbiano commesso un tale abominio sportivo, vendendo loro stessi e la loro maglia. Ed è questo che sostiene la sentenza d’appello, soltanto per questo ingiusta.

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