La Nuova Sardegna

Sport

La rinascita di Daniel a Cala Gonone

di Nino Muggianu
La rinascita di Daniel a Cala Gonone

Campione nel lancio del giavellotto, era stato scaricato dalla Federazione inglese

06 luglio 2015
4 MINUTI DI LETTURA





DORGALI. È una storia da libro cuore quella di Daniel Dean Pembroke. Ha 24 anni, è un atleta inglese di nazionalità Ucraina, ma soprattutto è un olimpionico mancato di lancio del giavellotto. Dopo avere stabilito il record del mondo e per tre anni consecutivi anche quello nazionale, è stato abbandonato dalla sua federazione. L’ha scaricato dopo un infortunio e lui, deluso e amareggiato, è scappato via dal suo paese e finire finendo per caso a Cala Gonone. Sì, in Sardegna: un’isola di cui non sapeva neanche l’esistenza.

La rinascita. Qualche giorno fa è stato Ingaggiato dalla Polisportiva Gonone-Dorgali e ha ripreso in mano un giavellotto dopo aver giurato che non avrebbe più toccato un attrezzo. Bene, al suo ritorno alle gare ha stracciato la concorrenza: con un lancio stratosferico, ha scavato un abisso con chi si è classificato al secondo posto. Adesso dopo un periodo in cui ha vissuto da solo e con l’aiuto di qualche amico, ha cominciato a riacquistare fiducia nella gente, nello sport e soprattutto nella vita.

La storia. Ecco il racconto del campione quasi olimpico di Buckinghamshire, contea non metropolitana inglese.

«Ho cominciato – dice Daniel Dean Pembroke – a lanciare il giavellotto a 11 anni. È successo a scuola: in Inghilterra agli alunni fanno provare tutti i tipi di sport e lo fanno per capire se sei o non un talento in qualche disciplina».

Con il giavellotto è andata subito bene.

«Benissimo. Da subito ho dimostrato di essere il più bravo della scuola e poi anche del mio paese».

Da passione a impegno quotidiano.

«A 14 anni ho cominciato a dedicare quasi tutto il mio tempo libero al giavellotto. È in quel momento, diciamo così, che ho fatto il mio ingresso nel mondo del professionismo».

I primi risultati.

«Lo stesso anno ho stabilito il record inglese under 14, l'anno successivo quello under 15. Poi visto che non c'è due senza tre, è stata poi la volta della categoria under 16. Ancora oggi quei tre primati sono imbattuti».

Poi.

«A 17 anni ero il lanciatore più forte al mondo nel ranking degli under 18».

Il sogno. Daniel Dean Pembroke entra subito a pieno titolo nel mirino del team Olimpico inglese. Lui è al settimo cielo: inizia la preparazione per realizzare quello che è il primo sogno di ogni atleta: le Olimpiadi, appunto. Nel frattempo lavorava a Londra come muratore. «Purtroppo anche in Inghilterra – racconta – di sola atletica non puoi vivere, quindi per otto ore al giorno sono in cantiere e poi tre ore in campo. Tutto questo tutti i giorni».

Poi l’incidente.

«Quattro settimane prima della gara olimpica mi sono rotto il legamento del gomito. Ho pensato subito che ero finito, che era tutto finito. Dopo l'operazione ho avuto la conferma dai medici e poi anche il male era insopportabile»

Da quel momento sono scomparsi tutti.

«Purtroppo è stato così. Mi sono sentito abbandonato. Così, appena uscito dall'ospedale, sono andato in aeroporto e ho chiesto quale fosse il primo volo più economico. L’ho fatto senza preoccuparmi della destinazione, purché fosse lontano dall'Inghilterra».

Destinazione Sardegna. Da questo momento in poi Daniel Dean Pembroke sceglie l’avventura.

«Sono salito su un aereo che mi ha portato in Sardegna, che non sapevo neanche dove fosse. Ogni volta che ci ripenso sorrido, ma sono felice di essermi innamorato di quest’isola sconosciuta. Sono atterrato a Olbia e sono rimasto lì per un giorno, ma non mi piaceva, allora sono salito su un bus con destinazione Cala Gonone».

Sempre all’avventura?

«Ancora una volta non sapevo dove mi dirigevo, ma dentro di me sentivo che era diretto verso la meta giusta».

Una volta arrivato a destinazione cos’è accaduto?

«Ho noleggiato un kayak per esplorare l'incredibile costa a sud di Gonone. Per otto giorni, mi sono procurato il cibo con la pesca subacquea e dormito in spiaggia. È in quella settimana che sono riuscito a “pulire” la mente e decidere che questa sarebbe diventata la mia nuova casa».

E a Cala Gonone ha ritrovato anche il suo vecchio sport.

«Ho di nuovo la condizione fisica e mentale per ottenere risultati interessanti, come ho dimostrato nella recente gara di Cagliari».

Con indosso la canotta della Polisportiva.

«Sì ed è stata una bella soddisfazione conquistare, insieme a i compagni di squadra, la qualificazione alle fasi nazionali».

E se glo allenatori dell’ex club inglese la richiamassero, tornerebbe a gareggiare per loro?

«Assolutamente no. Tradirei la gente che qui mi ha aiutato a rinascere. Sono persone incredibili, genuine, gentili».

Il futuro.

«Non ho ancora molti soldi, il lavoro di personal trainer è solo agli inizi».

Chi deve ri graziare?

«Molti e soprattutto i dirigenti della Polisportiva. Mi hanno comprato anche le scarpe per gareggiare. È stato un gesto che mi ha commosso».

Ricordi e sogni, per chiudere.

«Ogni tanto la mente ritorna a quando ho visto la fiamma olimpica spegnersi in una sala operatoria. Oggi il mio sogno è solo essere felice, anche nello sport».

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative