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Bollicine e grande difesa Così vince Meo Sacchetti

Bollicine e grande difesa Così vince Meo Sacchetti

Il coach, ex ottimo cestista, è cresciuto con la società e non vuole più fermarsi Uno staff unito e l’umiltà nel mettersi sempre in gioco, per migliorare ancora

28 giugno 2015
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SASSARI. Grande da giocatore, grandissimo da allenatore. Perché come faceva sul parquet, anche a bordo campo ha sempre avuto l’umiltà per imparare qualcosa di nuovo, riuscendo sempre a metterla in pratica.

La Dinamo è anche Meo Sacchetti, e non potrebbe essere altrimenti. Arrivato a Sassari nel 2009 l’ha portata in serie A e poi sempre più su, sempre più in alto ma sempre con la stessa filosofia. Una filosofia coerente, senza compromessi. V incente.

Nato ad Altamura il 20 agosto del 1953, Sacchetti da giocatore (ala, 1.99) ha fatto le fortune di Torino, Varese e della nazionale (argento europeo a Nantes 1983, bronzo in Germania 1985 e bronzo olimpico a Mosca 1980). Da allenatore è esploso a Castelletto Ticino, è passato a Capo d’Orlando e quando Sardara l’ha convocato nell’estate 2009 ci ha messo un po’ prima di riuscire a evitare i lapsus tra l’isola di Sicilia e quella di Sardegna. Adesso è più sardo di tanti sardi, con famiglia e casa ad Alghero e un terreno dove coltiva le sue mille passioni extra parquet.

Sacchetti è sempre stato un uomo squadra, ma soprattutto un uomo di squadra. Sempre in sintonia con i suoi aiutanti e legato da un tanto sereno quanto franco rapporto con i dirigenti, è riuscito per sua stessa ammissione a superare alcuni limiti, a partire dal dover utilizzare un roster cresciuto quando la Dinamo si è dovuta adeguare alle esigenze della Coppe Europee. Autorevole ma non autoritario, non si fa scrupolo di compiere scelte decise quando qualcuna delle sue stelle fa i capricci. Ogni anno viene dato per partente e vorrebbero accaparrarselo in tanti, perché sono pochi gli allenatore che come lui sanno unire spettacolo e risultati. Allenatore dell’anno (premio Reverberi) nel 2012, chi lo ama beve a garganella le bollicine del suo basket, chi vuole contestarlo calca sulla scarsa attitudine alla difesa dei suoi team. Ma Sacchetti è stato capace di smentire chiunque anche sotto questo aspetto.

Legato alla Dinamo e al presidente Stefano Sardara – col quale esiste un feeling profondo – fino al 2018, è parte integrante del progettoDinamo, ha due assistenti. Paolo Citrini, già con lui a Capo d’Orlando, è a Sassari dal 2010 e la scorsa stagione della Virtus Roma è arrivato Massimo Maffezzoli. Sono i maghi dei video, sono loro che curano la crescita tecnica dei giocatori, che con pazienza studiano movimenti e correttivi, che propongono strategie e metodiche in sintonia con l’altra figura chiave del poker tecnico della Dinamo: il preparatore atletico Matteo Boccolini, a Sassari due anni dopo l’arrivo di Meo Sacchetti. Il trait d’union fra giocatori e staff tecnico (che comprende anche il responsabile delle giovanili Massimo Bisin), è Matteo Boccolini: dosa equilibri, tempi ed energie e ha imparato a condividere le esigenze dei coach, spesso anticipandole. Squadra in campo e squadra a bordo campo, fra le sedie della dirigenza ma anche fra quelle dei tecnici, da dove più di una volta Citrini (che cura un apprezzato blog) e Maffezzoli moltiplicano voce e direttive di Sacchetti rivolgendole al parquet e alla gestione della partita. Una squadra vincente, anche fuori dal campo.

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