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One team... for my life a San Donato

One team... for my life a San Donato

Ieri ha preso il via il progetto di integrazione sociale promosso dall’Euroleague

08 novembre 2014
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SASSARI. Dinamo in prima fila anche nel progetto “One Team... for my life” promosso dall’Euroleague, che la società biancoblù ha raccolto con grande entusiasmo trascinando la Fondazione Dinamo e l’Istituto comprensivo di San Donato. Si tratta di un programma di dieci appuntamenti che ha come obiettivo quello di “integrare comunità utilizzando il potere della pallacanestro” e vede da una parte la Dinamo, rappresentata dal coach Meo sacchetti e dai giocatori Jack Devecchi e Jeff Brooks (“One team ambassadors”), dall’altra 23 ragazzi di due terze medie. Il programma si articolerà in 10 sessioni e ogni incontro avrà la durata di due ore ciascuna: la prima si svolgerà in Club House - per un incontro preliminare con un esperto del mondo giovanile- e l'ora successiva sul parquet del PalaSerradimigni sotto la guida dei coach Paolo Citrini, Massimo Bisin e Guglielmo Roggiani.

L’iniziativa è stata presentata ieri nella Club House della Dinamo, alla presenza del presidente della Dinamo Stefano Sardara, del presidente della Fondazione Dinamo Carlo Sardara e di Patrizia Mercuri, dirigente responsabile dell’istituto: «Quest'anno il nostro istituto ha acquisito la scuola media, oltre alla scuola primaria. I ragazzi si sono detti entusiasti al sol pensiero di collaborare con la squadra, che rappresenta un'eccellenza per la città non solo da un punto di vista sportivo. Abbiamo scelto di sposare questo progetto non solo per il privilegio di lavorare con la Dinamo ma anche per integrare le attività già operative all'interno del nostro piano formativo, con grande riguardo nei confronti dell'educazione alla civiltà e alla cittadinanza» ha detto.

Il primo incontro è avvenuto proprio ieri mattina, prima della presentazione: «Abbiamo avuto il primo approccio nel loro ambiente – ha raccontato Meo Sacchetti –: abbiamo conosciuto questi ventitre ragazzi e li abbiamo trovati un po' freddi inizialmente. E' stato difficile parlare con loro, abbiamo provato ad indagare sulle loro ambizioni e abbiamo capito di dover lavorare molto in questo senso».

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