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Viaggio biancoblù a Las Vegas

di Roberto Sanna
Viaggio biancoblù a Las Vegas

Una delegazione della Dinamo a caccia di un pivot nella Summer League più importante

15 luglio 2014
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SASSARI. Tutti a Las Vegas. Una delegazione biancoblù corposa, quella che oggi si imbarcherà per gli Usa per presenziare alla più importante e frequentata Summer League del basket mondiale: il presidente della Dinamo Stefano Sardara, il vice Gian Mario Dettori, il fresco di nomina a general manager Federico Pasquini, il coach Meo Sacchetti (col figlio Tommaso di supporto) e l’assistente Paolo Citrini. Il torneo, che segue quello di Orlando, è cominciato già venerdì scorso e andrà avanti fino al 21, il gruppo Dinamo non ha presenziato all’apertura perché fagocitato dall’appuntamento con l’Eurolega ma recupererà trattenendosi fino alla conclusione della manifestazione. Si va a caccia del pivot ma in realtà si va a confrontarsi con tutti quei nomi e quelle persone che per undici mesi sono solo dei nomi e delle cifre sui fogli delle statistiche o, nel migliore dei casi, una voce gracchiante che arriva dall’altra parte dell’Atlantico.

«A Las Vegas si va a caccia di giocatori – dice Pasquini – ma non alla cieca. Si va a verificare di persona quello che si costruisce negli altri mesi dell’anno. Ci sono tutti gli agenti, ci sono tantissimi giocatori. Ci sono anche le partite e ovviamente sono partite in sè prive di qualsiasi significato, non vai a vedere un giocatore per quello che combina dal punto di vista statistico ma per renderti conto del suo atteggiamento in campo, quello che gli americani chiamano “body language”».

Com’è una giornata alla Summer League?

«Le partite cominciano alle 13 e si va avanti per tutta la serata. Però c’è anche la possibilità di partecipare agli allenamenti privati che gli agenti organizzano per i loro assistiti. Questa è una cosa che viene fatta, ovviamente, non per tutti: di solito per quei giocatori che non sono top players oppure che hanno avuto degli infortuni. Poi ci si incontra con gli agenti e praticamente puoi trovarli tutti».

Si può dire che andate negli Usa per trovare i giocatori che ancora mancano al vostro roster?

«In senso stretto no, perché noi siamo sul mercato dodici mesi l’anno e monitoriamo tanti giocatori e tante situazioni, non siamo una società che si affida alla Summer League sperando di pescare il jolly. Dal nostro punto di vista, questo non è un appuntamento decisivo. Anche perché non è un mercato del pesce. Resta sempre un appuntamento dove vai a vedere da vicino i giocatori che hai seguito durante l’anno, probabilmente è l’unica occasione che hai per vederli e valutarli da vicino. Spesso tutto quello che conosci di un giocatore è un video, poterlo vedere di persona è sicuramente importante e fa la differenza per l’opinione che alla fine ti fai e magari rafforzarla. Di sicuro i giocatori non mancano, da quello che alla fine andrà a trovare un contratto in Europa in campionati come quello ungherese a quello che poi spunterà una firma per una squadra dell’Nba».

Andiamo al sodo: partite in sei, in quanti tornerete?

«In otto, ma per quanto avremo mangiato... La squadra è quasi fatta, con un giocatore la firma è imminente e manca davvero poco, mentre per l’altro abbiamo deciso di avere ancora un pochino di pazienza e prenderci un pochino di tempo in più. Non abbiamo fretta e mi sento di dire che la firma non è imminente, ma questo non significa che non possa capitare in qualsiasi momento. Perché se già domani dovesse sbloccarsi all’improvviso una delle situazioni che stiamo seguendo in questo periodo, noi il giocatore lo firmiamo senza perdere tempo».

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