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«Dinamo 2018», così il futuro è già vincente

di Mario Carta
«Dinamo 2018», così il futuro è già vincente

Il progetto pluriennale procede al meglio, il presidente Sardara amplia gli orizzonti

16 maggio 2014
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SASSARI. Alla Dinamo un pallone da basket non entra semplicemente nel canestro: viaggia, fa sognare. L’anello e la retina biancelesti sono un varco spaziotemporale, uno stargate che da un solido presente vuole trasportare in un futuro ancora più sereno. E’ il senso del progetto Dinamo2018: allungarsi nel domani con i piedi nell’oggi. L’autonomia finanziaria è il primo obiettivo ma non l’unico, come racconta il presidente della società sassarese, Stefano Sardara.

Tempi duri anche nel basket. Lo dimostra Siena, e non solo. Si sopravvive...

«Facendo come le lucertole. La salvezza di un’azienda o di un animale non è nelle dimensioni ma nell’adattamento. Le lucertole nel tempo hanno imparato a perdere la coda, si adattano alle condizioni che mutano. Proviamo a imitarle».

In un territorio in crisi come la Sardegna e il Sassarese in particolare, quante code bisogna sacrificare?

«Sin dall’inizio abbiamo presentato ai nostri sponsor un’offerta adeguata alle potenzialità del territorio. Per alcuni versi ho visto qualche miglioramento, per altri invece una fase ancora più strisciante che altrove. Per questo bisogna adattarsi. Non necessariamente con delle riduzioni ma evitando che l’economia si spenga. La forza della Dinamo è nel promuovere marchi. Abbiamo portato i mamuthones a Milano, veicolato i prodotti e il turismo sardo... grande dispendio di energie ma i risultati ci sono. Servono adattabilità e stabilità, non è facile ma non siamo preoccupati».

Dalla lucertola all’elefante, quello che quando prese la Dinamo sosteneva che per farcela andava mangiato a piccoli pezzi. L’avete digerito?

«Abbiamo una mandria di elefanti, uno all'anno, e li abbiamo tutti digeriti. I primi due esercizi li abbiamo chiusi in attivo, spiccioli come 3-4000 euro ma in attivo, e anche il terzo sarà così. E’ una bella notizia. La seconda è che non abbiamo un euro di debito nei confronti di nessuno. E adesso sta per arrivare un nuovo elefante. Non ci spaventa».

Cos’è, in sintesi, il progetto Dinamo 2018?

«E’ autonomia finanziaria, gestionale e aziendale. E’ una Dinamo-azienda, che ogni anno non debba proccuparsi delle dimensioni dell’elefante. Che abbia risorse stabili, su base pluriennale».

Non solo i contratti dei tecnici e dei giocatori sino al 2018, dunque.

«In questi giorni stiamo rinnovando tutti gli accordi di sponsorizzazione fino a quella data, per avere con loro un legame ancora più stabile ed essere sempre più forti. I prezzi per gli sponsor restano stabili, mentre a lievitare è l’immagine, nostra e loro».

Ne ha fatti di passi l’elefante Dinamo, in tre anni.

«Oggi il mercato più importante è Facebook. Quando abbiamo iniziato avevamo 5700 amici, ora sono 46.000. Siamo tra i primi in italia, 150.000 persone a settimana seguono le nostre news, è la nostra forza e questa capacità ci rende appetibili».

Senza dimenticare l’Europa, e la tv.

«Siamo i più amati, le prime due partite dei playoff vanno in diretta. E’ il frutto del circolo virtuoso avviato sin dall’inizio in una piazza e in un territorio caldissimo. In 24 ore 1200 abbonati per i playoff...».

Comesi spiega il caso-Siena?

«Giudicare dall’esterno viene male, ma è evidente che in un certo contesto sono venute a mancare le basi».

E’ un rischio che corre anche la Dinamo?

«No, e non perché ci sentiamo più bravi di loro ma perché aziendalmente non ci si impegna senza risorse. Noi faremmo un passo indietro, a livello di spesa».

Da buona lucertola. Ma la crisi c’è, e per tornare nell’isola, da poco Sassari ha perso una realtà da scudetto come la pallamano femminile ed è a rischio la Torres femminile di calcio.

«Non è un problema di crisi economica ma istituzionale. Se parlo di Dinamo o di calcio ho due movimenti che attirano persone, un veicolo che promuove, che ha la sua forza. Calcio femminile e pallamano sono due realtà più esigue, quindi serve volontà politica: bisogna capire se si intende investire nello sport in generale e negli sport cosiddetti minori in particolare. Noi dall’assessorato regionale allo sport non prendiamo un euro ed è giusto così, siamo professionisti, è giusto che le risorse per fini sociali vadano ai dilettanti. Ma dipende dai politici».

Si può parlare in Sardegna di duopolio Dinamo-Cagliari calcio?

«E’ sbagliato. Da un punto di vista professionistico sì, ci siamo solo noi, ma la Sardegna sportiva è fatta anche della Torres che è una realtà, e di tante altre».

Sotto il profilo del merchandising avete fatto il vuoto. Quanto incide?

«Il merchandising valeva zero tre anni fa, adesso incide per il 12 per cento del budget e la grande sfida è portare il suo peso al 25 per cento».

E questo è il valore dell’immagine della Dinamo per la stessa Dinamo. I tifosi contano sempre di più».

«Nel progetto 2018 a breve vareremo una campagna di fidelizzazione rivolta a tutti i sardi nel mondo. Quella sarda è una razza e noi siamo la squadra della Sardegna, cerchiamo di avere soci sostenitori in tutto il mondo ai quali vogliamo consentire anche di vedere le partite».

Allargate l’orizzonte.

«Il Barcellona ha 150.000 tifosi in Giappone....».

Quel vostro viaggio di due anni fa a Barcellona è servito, dunque.

«Certo, bisogna osservare chi fa e sa far bene, imparare e mettere a frutto. Perché il nostro modello non è il Cska? Il Barça opera in una società e in una sorta di etnia simile a quella sarda, anche come senso di appartenenza».

Nella torta degli introiti quanto incidono i tifosi?

«Più di tutto, per tutta una serie di motivi, dalla biglietteria al merchandising. Contano per il 35% del budget».

E le uscite?

«La voce stipendi è la più importante, vale il 70%. Poi bisogna fare funzionare la macchina, dalle trasferte al settore giovanile».

Eon?

«Abbiamo iniziato una class action, richiederà tempi biblici. Non contiamo di ricavarci alcunché ma era un atto doveroso e di coerenza in un territorio ulteriormente tradito».

I primi figli?

«La Club house e lo store. Il primo anno sono andati a pareggio, ora cominciano a fornire un contributo significativo e l’apertura di uno store anche a Cagliari è in linea con le nostre idee».

Si cresce.

«In tre anni siamo passati da tre a diciotto dipendenti».

E state sbarcando a Cagliari con una squadra nuova nuova.

«E’ un progetto coerente con il nostro sentirci la squadra di tutta la regione. Lì c’è una grande passione e lì noi vogliamo costruire una cantera, sul modello Barcellona. Abbiamo deciso così, anche se comporterà un dispendio di energie superiore».

Dinamo 2018 non può prescindere da una «casa» migliore. Una casa tutta vostra.

«Il palazzetto di proprietà è la nostra priorità. E’ imprescindibile».

Cosa aspettate?

«Aspettiamo che ci sia un’amministrazione. Abbiamo avviato delle ipotesi con la precedente, con la nuova discuteremo tempi e modi. Sarà la prima pietra per il progetto Dinamo 2022».

Anche i russi, che di basket se ne intendono, facevano piani pluriennali.

«Ma quinquennali, noi andiamo di quattro in quattro».

Che tipo di palazzetto avete in mente?

«Un palazzetto dalla capienza leggermente superiore all’attuale, non molto, ma soprattutto da vivere sette giorni su sette, che preveda tutto. Cinema, piscina, centro fitness, attività integrate con i bisogni della città. Inutile fare un altro centro commerciale se c’è bisogno di una pista di pattinaggio, per esempio. Per questo dobbiamo misurarci con gli amministratori».

Ed è per questo che ha rifiutato la candidatura a sindaco?

«E’ stato un gesto di onestà nei confronti di chi ha creduto nel progetto Dinamo e della mia famiglia in primis. Vorrebbe dire fare un altro mestiere, non si possono tenere due piedi in una staffa: avrei fatto una porcheria come Dinamo e una porcheria come sindaco».

In futuro?

«Vedremo».

Siete in linea con gli obiettivi del progetto Dinamo 2018?

«Siamo molto avanti. Dal punto di vista sportivo il progetto voleva anche dire cominciare a vincere qualcosa ma con la Coppa Italia non siamo appagati, aspetto i playoff».

Anche i giovani si stanno mettendo in luce, a partire dall’Under 19 quarta in Italia.

«Abbiamo avuto tanti complimenti, non solo per il gioco ma anche per il nostro comportamento, per il nostro essere squadra, gruppo e società. E’ stato un risultato pazzesco, e in genere sta tornando l’entusiasmo».

Entusiasmo che vive anche nella Fondazione Dinamo.

«E’ la salsa che completa la pietanza. Ha raccolto fondi per 70.000 euro, quest'anno. Abbiamo aiutato Pediatria e gli alluvionati, portato a Sassari Patch Adams...Anche questo è Dinamo 2018, è una squadra più vicina al territorio, nel territorio».

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