La Nuova Sardegna

Sassari

Il tribunale di internet sempre pronto contro le donne  

Eugenia Tognotti
Il tribunale di internet sempre pronto contro le donne  

Nessuna pietas per la mamma della bimba morta in auto. Saranno i magistrati a indagare sugli “odiatori” del web

19 giugno 2017
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È forse la prima volta, a quanto è dato ricordare, che una Procura della Repubblica apre un’indagine parallela per minacce, diffamazione aggravata e istigazione al suicidio a carico di sciacalli senza nome, in servizio permanente effettivo sul web. Bersaglio una donna, denunciata per omicidio colposo, che sta vivendo, in questi giorni, l’immane tragedia della morte della sua unica, amatissima figlia di diciotto mesi, che era convinta di aver lasciato al nido e che è invece rimasta legata per sei ore al suo seggiolino nell’automobile arroventata dal sole. Un fatale black out. Un vertiginoso vuoto della mente.

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Un corto circuito del cervello. L’accumularsi, forse, di sollecitazioni stressanti (da incombenze famigliari, professionali, domestiche). Un collegio di psichiatri e psicologi, nominata dai magistrati, dovrà stabilire se per quella madre, straziata dal dolore, è configurabile una colpa; o se è vittima di ‘Amnesia dissociativa’ transitoria, una lacuna retrospettiva nella memoria, un vero e proprio “buco nero” che “falsifica i ricordi” per un determinato periodo di tempo. Una sindrome di cui si è parlato a proposito di altre terribili tragedie, tremendamente simili a questa, in Francia, Belgio, Italia. Le indagini preliminari sono ancora in corso.

Ma il tribunale di Internet ha già emesso la sentenza e innalzato il patibolo, a poche ore di distanza dal fatto che ha sconvolto l’Italia e, in primis, i due paesi in provincia di Arezzo, dove quella madre straziata - descritta da tutti come amorevole e premurosa - svolgeva il suo lavoro di segretario comunale.

Vale la pena - vincendo la ripugnanza - di leggere almeno una parte delle ingiurie e degli insulti volgari, degli attacchi viscerali, delle parole gonfie di odio e di disprezzo che si sono abbattuti su quella madre e su suo marito, costretti a chiudere i loro profili Facebook. Cosa che non è servita a bloccare l’ordalia ormai avviata che ha continuato ad ingrossarsi come una valanga, investendo altre donne con lo stesso nome, Ilaria. Nessuna solidarietà, nessuna pietas per la fragilità e il dolore di quella donna, per la devastante tragedia privata provocata dal black out totale e spaventoso che segnerà per sempre la sua vita.

Non vale neanche la pena di citare i pensieri di pancia: (basta buonismo, ci vuole l’ergastolo); o le battute grevi da bar sport virtuale (assassina, prostituta), le osservazioni oltraggiose (l’appuntamento col parrucchiere non lo avrebbe dimenticato). Lasciano impressionati e quasi sgomenti i pronunciamenti del tribunale del popolo, per quello che rivelano sull’idea di emancipazione femminile e sulla persistenza di una cultura che assume come inevitabile la dicotomia tra maternità e lavoro.

La drammatica morte della bambina ‘dimenticata’ in auto offre l’occasione per attaccare duramente lo sforzo di tante donne di conciliare i ruoli di madre e di lavoratrice, e va da sé che la sventata madre di Arezzo ha privilegiato il secondo: di andare in ufficio non si è ‘dimenticata’; ‘forse la bambina era l’ultimo dei suoi pensieri’; se fosse stata a casa, la figlia non sarebbe andata incontro ad una morte così spaventosa; ‘se una non è in grado di fare la madre allora deve lavorare, non fare figli’. E, ancora: se stava male, se si sentiva stressata perché non si è fatta curare?

Si potrebbe continuare a lungo, ma è meglio finirla qui con il delirante florilegio degli haters - gli odiatori del web - che nascosti dietro un nickname o un’icona vivono un rapporto con il virtuale fatto di insulti, aggressioni, minacce e rabbia. Questo caso - estremo e drammatico - ha acceso una spia rossa sullo stress della vita urbana e sulla difficoltà per le donne - sconosciuta alle precedenti generazioni - di tenere insieme famiglia e lavoro, ruoli e situazioni familiari e sociali. Non 8, ma 24 ore sembrano poche. Tante, troppe donne non ce la fanno a tenere insieme tutto, lavoro e famiglia, ai ritmi stressanti imposti dal nostro tempo. Si affaccia qui l’eterna questione delle politiche familiari, inadeguate e insufficienti, di interventi che diano alle donne la possibilità di riuscire ad “armonizzare” le responsabilità che derivano dal lavoro e dalla gestione familiare. Ma questo è, come si dice, un altro discorso. Come, del resto, quello della necessità di una normativa che preveda nelle auto allarmi che segnalino la presenza dei bambini, prevenendo l’infausta possibilità che vengano dimenticati. 

La legge, depositata in Parlamento nel 2014, è ancora in discussione in commissione Trasporti. Anche se sembra allontanarsi l’ombra delle accabbadore (in vesti maschili) che incombeva sul governo, non c’è da sperare che passi in questa legislatura. Tra Mattarellum, Italicum, Consultellum, i bisogni della gente possono attendere.

 

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