La Nuova Sardegna

Sassari

«La loro passione? È la fainè»

In 7 mesi i migranti sono diventati un po’ sassaresi: ma lavoro neanche l’ombra

03 maggio 2017
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SASSARI. Li avevano raccolti acciambellati e infreddoliti sotto la tettoia del piazzale della chiesa del Buon Pastore. Sono trascorsi sette mesi e i migranti somali hanno un tetto e un letto dove dormire, sono diventati divoratori seriali di fainè (che gli ricorda il sapore familiare dei ceci, menù di una quotidianità molto povera ma saporita), parlano qualche parola di italiano, non hanno un lavoro ma in compenso portano in tasca il documento che li eleva al rango di rifugiati. Sulla carta un privilegio, nella realtà un salto nel vuoto senza paracadute. Perché dopo la prima accoglienza nella struttura di via Planargia, non esiste una seconda accoglienza nella società e nel mondo occupazionale. Sono liberi cittadini e devono cavarsela con le proprie forze. Senza l’associazione Casa Somali che gli ha teso una mano, senza il parroco Don Sau che li ha ospitati e senza l’aiuto di Cermelli, il gestore dei centri migranti che continua a sponsorizzare i pasti gratuiti, loro sarebbero persi.

La loro giornata non è esattamente entusiasmante: seguono i corsi di italiano a San Vincenzo, e un’altra volontaria offre ripetizioni nei locali di via Carducci. Dopodiché alcuni mangiano alla mensa della Caritas e poi frequentano il centro giovani di Piazza Santa Caterina. Ma l’integrazione è un traguardo molto distante. In tanti mesi le occasioni di guadagnare qualche euro si contano sulle dita di una mano. Solo due ragazzi sono stati reclutati per un piccolo trasloco, e sono riusciti a mettersi in tasca 50 euro. «Per loro è una cifra esorbitante e non stavano nella pelle – racconta una volontaria di Casa Somalia – e la scelta è andata sui due rifugiati più diligenti nel frequentare le lezioni di italiano. Questo è servito moltissimo, perché poi tutti gli altri si sono messi sotto. Avrebbero una gran voglia di lavorare: c’è chi è esperto di campagna e giardinaggio, chi se la cava bene come manovale o imbianchino, chi ha fatto il lavapiatti per molti anni, chi era carrozziere. Ma è difficile trovare per loro anche un lavoretto occasionale. Chi volesse aiutarci può contattare la mail casasomalia@gmail.com». In città la disoccupazione di taglia a fette, e talvolta anche la diffidenza. «Quelli che li hanno accolti veramente con affetto e senza pregiudizi sono i bambini – racconta una maestra – abbiamo organizzato più volte degli incontri. E gli alunni di Monte Rosello erano incuriositi dalle loro storie, e li hanno intervistati con grande interesse. Cerchiamo di insegnare l’integrazione ai bambini giocando d’anticipo, facendo leva sulla spontaneità, prima che intervengano gli adulti. Ed è un lavoro semplice e divertente». (lu.so.)

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