La Nuova Sardegna

Sassari

Fine vita, il Parlamento è più arcaico del popolo

Ferdinando Camon

Non avrà certo vita facile la legge sul biotestamento, perché l’Italia è il cuore del Cattolicesimo e la sua applicazione incontrerà continui ostacoli

23 aprile 2017
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Grande passo avanti ci fa fare la legge sul biotestamento, o sul fine vita. Ma non sarà mai una legge pacifica, accettata e applicata in tutte le strutture sanitarie: incontrerà sempre ostacoli, rifiuti, boicottaggi. La legge sulla fine della vita avrà lo stesso destino della legge sull’inizio della vita, intendo sull’aborto. La legge sull’aborto è stata votata ed è in vigore, tuttavia vien rifiutata dai medici nei quali non urta contro la cultura, la preparazione, la professionalità, ma contro la loro coscienza morale, la loro idea di vita e di morte, la loro idea di uomo e di medicina. Pare a loro che, se lavorano ad un aborto, non contraddicono il loro lavoro, la professione, ma se stessi, la loro essenza di uomini, fratelli con gli altri uomini, nati nascenti e nascituri. Pare a loro che il lavoro nel reparto delle nascite sia un servizio di totale accoglienza e aiuto a tutti quelli che arrivano. L’idea di dover fare una selezione, “Tu vieni e vivi”, “Tu non vieni e non vivi”, gli devasta il cervello. Non ditemi: “Ma ce ne sono che poi fanno gli aborti nelle cliniche private, a pagamento”. Se ce ne sono, quelli sono iene. Io sto parlando di medici. Già nel giuramento d’Ippocrate sta scritto che la vita va rispettata fin dal suo primo apparire.

E fino al suo ultimo manifestarsi, e così passiamo al fine vita. Che cos’è il fine vita? Quand’è che la vita finisce? Quand’è che non è più vita? Quand’è che colui che la vive ha il diritto di rifiutarsi di viverla? E chi lo aiuta ad attuare questo rifiuto? Il medico? Ma il medico, che lavora per far vivere, può lavorare anche per far morire? E se fa questo, non si contraddice? Ha il diritto, per non contraddirsi, di rifugiarsi nell’obiezione di coscienza?

La discussione, durissima, che s’è svolta nel nostro Parlamento, è arrivata ben presto a questo ostacolo. Lo scontro si ripeterà al Senato, che avrà il compito di dare alla legge l’ultimo assestamento, dopo di che sarà varata. Mentre scrivo, il diritto all’obiezione di coscienza è stato respinto, non solo ai singoli medici, ma anche alle strutture: se c’è una struttura cattolica, che in base allo statuto sul quale è fondata, vorrà rifiutarsi di procedere all’interruzione delle cure, in qualcuno dei pochi ed estremi casi che la legge prevede, non potrà farlo. Il che significa: la legge vale più della carta dei valori interna sulla quale le strutture religiose sono nate, si mantengono e si son create una clientela. Il che significa: se sei un medico e sei cattolico, prima sei medico e poi sei cattolico. So di dire qualcosa che si presta ad essere frainteso, ma lo devo dire: può lo Stato imporre questo aut aut ai suoi funzionari? Certo che può, lo Stato è la legge e la legge è al di sopra di tutto. Ma può succedere che un funzionario, un lavoratore dello Stato abbia dentro di sé un sistema religioso, morale, etico, civile, che discorda dallo Stato? Può succedere dappertutto, ma in Italia più che altrove. Perché l’Italia è il cuore del Cattolicesimo, e sul fine vita, e sul dopo vita, come sull’inizio della vita, la Civiltà Cattolica (c’è una rivista con questo nome, stampata dai Gesuiti) ha parecchio da dire, anzi è tutta lì. Ora come ora non è possibile una compatibilità. Bisognerà che una delle due parti, o tutt’e due, cambino qualcosa del loro sistema. Non è impossibile. Chi può dire che Eluana è stata fatta morire artificialmente? Non si può sostenere che era morta tanti anni prima, e che la vita successiva era una violenza dell’uomo e della scienza? Chi può dire che la vita nel dolore e nell’incoscienza sia vita? Non è possibile che, in questo momento, l’umanità senta come vita la parte vivibile della vita, e il resto (dolore, incoscienza, lamento, delirio) lo senta come morte? Tra la gente, il consenso a una riforma del fine vita è più alto che nel Parlamento. Abbiamo un Parlamento più arcaico del popolo.

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