La Nuova Sardegna

Sassari

Due settimane sono troppe per (non) prendere un killer

Ferdinando Camon

20 aprile 2017
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Abbiamo un confuso e umiliante problema in Italia: uno straniero ha ucciso delle persone, due o più, è in fuga da due settimane, sappiamo dov’è ma non riusciamo a prenderlo. Il mondo ci guarda. Facciamo la figura che meritiamo: non siamo in grado di garantire la sicurezza. Lo Stato ha messo alle costole di questo bandito, armato, 800 tra carabinieri e poliziotti, dotati di motobarche per muoversi nella palude e di visori notturni. Tre giorni fa han trovato sue tracce in una tana di volpe: aveva dormito lì. Le tane di volpe si riconoscono perché ci son sempre penne di gallina: le volpi sono ladre di galline. Negli ultimi giorni, con ogni probabilità, anche Igor cerca galline. Il nemico numero uno delle volpi è il cane. Le donne di casa, che hanno pollai all’aperto, accessibili alle volpi, tengono sempre un cane nelle vicinanze, se arriva una volpe il cane si lancia e abbaia. Questo è anche il pericolo per Igor: deve evitare i cani.

Lo credevamo un soldato russo, ci abbiamo messo una settimana per pensare, dubitosamente, che sia un soldato serbo. Abbiamo anche noi soldati di questo tipo, addestrati a muoversi in territorio nemico, rubare, mangiare, nascondersi, dormire, non farsi vedere, non farsi prendere. Sono gli incursori. I soldati serbi sono ottimi incursori, vengono da una guerra civile molto crudele. Sono addestrati alla sopravvivenza. Devono arrangiarsi, mai entrare in contatto con chi li cerca. Igor è ferito, han trovato delle bende in un covo da lui appena abbandonato, stanno setacciando le farmacie: se Igor è andato in qualche farmacia, ha commesso un errore madornale che può costargli caro. Non capisco però perché la polizia pensi alle farmacie, e le stia setacciando una per una. Anche i supermercati di alimentari vendono cerotti e bende, e una cassiera ti nota meno di una farmacista.Da 14 giorni le notizie della caccia a questo pluriassassino ci arrivano nei tg come puntate di un romanzo nero, e i nostri sentimenti si scuotono. Facciamo fatica a identificarlo come “mostro”, anche se uccide gente che non ha mai visto prima, e lo fa senza pensarci due volte. Perché un mostro dovrebb’essere mostruoso. E questo invece ha un aspetto che alcuni giornali definiscono “sexy”. Da queste parti ha imperversato, decenni fa, un altro bandito che uccideva a sangue freddo, anche più persone in una volta, e dopo aver fatto una strage festeggiava a pesce fritto e vino bianco, e non siamo riusciti a chiamarlo “mostro” ma abbiamo virato verso il gentilissimo “faccia d’angelo”, perché aveva una faccia gentile-infantile: era Felice Maniero. Scrivo questo articolo dalle terre dove Maniero imperversava, e intorno a me sentivo nella gente, verso di lui, e sento ancora, un sentimento popolare che non era l’odio e il disprezzo, ma qualcosa di molto ambiguo. Tutti si auguravano che fosse preso, certo, ma insomma, senza fargli tanto male. La vita banditesca finisce per avere una sua fascinazione. Pasolini definiva “eroici” i banditi sardi. Più a lungo dura la vita da fuorilegge, più alta è la fascinazione. Guardate il bandito Giuliano: i film che lo riguardano lo trattano con estetico rispetto. È la “durata” il problema: uno Stato che si rispetti, e che voglia essere stimato e temuto e onorato, non può schierare 800 soldati, che vuol dire venti plotoni, in un’area quadrata di sette chilometri di lato, e dopo due settimane non avere ancora tirato su il pesce.

In fondo, è una lotta di uno contro tutti. Raccontata dalla tv, questa lotta è anche uno spettacolo, e lo spettacolo ha sempre un eroe. Lo spettatore è portato a valutare l’eroe e svalutare l’altra parte. Qui non deve andare così. Sarà anche sexy, questo incursore russo-serbo, ma qui da noi ha ucciso due innocenti e in patria ha stuprato una ragazza: il suo posto è la galera. Questi giorni di libertà non li merita. Lo prenderanno, io credo, molto presto. Ma è già tardi. (fercamon@alice.it)

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