La Nuova Sardegna

Sassari

Delitto Monni, oggi è attesa la sentenza

di Nadia Cossu
Delitto Monni, oggi è attesa la sentenza

Concluse le arringhe. Angelo Merlini, legale di Paolo Pinna: non litigò con Gianluca, perché avrebbe dovuto ucciderlo?

05 aprile 2017
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SASSARI. È attesa per oggi la sentenza del giudice Antonio Minisola che in tarda serata si ritirerà in camera di consiglio e deciderà se condannare o meno Paolo Enrico Pinna – imputato di duplice omicidio – alla pena richiesta dal pubblico ministero Roberta Pischedda: vent’anni di carcere. Sabato c’è stata l’ultima arringa del difensore Angelo Merlini che si è soffermato su quello che il pm ha sempre indicato come il movente del delitto di Gianluca Monni: la rissa di dicembre 2014 a Orune durante Cortes Apertas. Quella serata in cui, secondo l’accusa, sarebbe maturato l’odio di Paolo Pinna nei confronti dello studente diciannovenne. Tanto da spingerlo a ucciderlo l’8 maggio del 2015. Tutto in concorso con il cugino di Ozieri Alberto Cubeddu.

L’avvocato Merlini sabato ha concluso la sua discussione nel processo al tribunale dei minori contro il diciottenne di Nule accusato degli omicidi di Monni e di Stefano Masala (il 30enne sparito il 7 maggio di due anni fa e mai più tornato a casa). «Quel movente non esiste – ha spiegato Merlini – non è vero che Pinna ce l’aveva con Monni, non era stato lui a portargli via la pistola e non fu lui a picchiarlo ma un gruppo di orunesi del quale Monni non faceva comunque parte, quindi perché avrebbe dovuto ammazzarlo?». Secondo la ricostruzione degli inquirenti quella sera di dicembre Pinna importunò la fidanzata della vittima e scoppiò la lite. Il nulese tirò fuori una pistola che poi gli fu portata via. «Non da Monni però – ha precisato Merlini – ecco perché non aveva alcun motivo per nutrire odio nei suoi confronti». Il legale è poi passato alla scomparsa di Stefano Masala, collocata dall’accusa il 7 maggio. Per il pm il 30enne fu “usato” dagli assassini: gli rubarono la macchina per poter raggiungere Orune la mattina dell’8, lo ammazzarono e fecero sparire il corpo per far ricadere su di lui le colpe del delitto. «E Pinna fece tutto questo in un’ora? – si chiede il legale – Lo dicono i carabinieri: “Tra le 21 e le 22”. Ma come poteva ucciderlo e nascondere il corpo in un punto tanto “complesso” in così poco tempo? La verità è che la notte del 7 Stefano era vivo, così come era vivo alle 21.30 dell’8. Era sul luogo dove è stata incendiata la sua auto, lo confermano i cani molecolari». E infine si sofferma su Taras, il supertestimone che disse di aver visto Cubeddu incendiare la Opel di Masala: «Nei suoi confronti era stata emessa, ma non eseguita, un’ordinanza di custodia. Dopo la confessione, stranamente, Taras non viene più arrestato...».

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