La Nuova Sardegna

Sassari

I buchi nella sicurezza dietro il raid dei teppisti cagliaritani a Sassari

di Gianni Bazzoni
I buchi nella sicurezza dietro il raid dei teppisti cagliaritani a Sassari

I 200 violenti hanno noleggiato 4 bus e percorso l’isola come “fantasmi”. Gli sconvolts quasi indisturbati nella loro missione punitiva in città

28 marzo 2017
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SASSARI. Non è vero che cercavano i tifosi della Torres. Altrimenti non sarebbero arrivati alla stazione per poi inoltrarsi verso Corso Vico alla ricerca di un fantomatico circolo torresino che da quelle parti non c’è mai stato. Agli ultrà cagliaritani che sabato, poco prima delle 13, hanno assaltato Sassari in segno di sfregio interessava solo lasciare il segno. E farsi vedere. Per questo hanno anche inscenato tanto di sfilata in via XXV Aprile con fumogeni e armi al seguito al grido «Noi siamo cagliaritani». E poi se la sono presa con chi capitava a tiro, gente comune: anziani, donne con bambini. Quando c’è stato scontro vero, quando qualche sassarese “di peso” ha cominciato a creare opposizione, e quando sono arrivati a piccoli gruppi gli ultrà della Torres la partita della strada è durata poco. E la trasferta della follia ha cambiato ritmo.

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Ecco, dovrebbe bastare questo per spiegare che cosa è stata quella guerriglia urbana che ha paralizzato mezza città e messo a rischio la vita di decine di persone. E se non c’è scappato il morto è forse solo questione di fortuna. Perché c’è mancato davvero poco.

Ci sono però troppi aspetti da chiarire e responsabilità da accertare, come ha già chiesto il ministro dell’Interno Marco Minniti (che bene conosce Sassari per avere inaugurato la questura) al quale si è rivolto il senatore del Pd Silvio Lai. Perché i prefetti e i questori sanno sempre tutto, emettono provvedimenti preventivi per vietare movimenti di tifosi in caso di situazioni di rischio. Stavolta, invece, si scopre che 200 ultrà sono stati bravissimi. Hanno progettato il piano in gran segreto, noleggiato quattro autobus da una azienda privata (la Follesa di Pula) che poi sarebbero diventati tre perché uno sarebbe stato bloccato da un guasto, e si sono messi in marcia. Quasi 250 chilometri con i bus carichi di bastoni, mazze, catene, armi fabbricate in maniera artigianale, coltelli e fiumi di birra. E nessuno li ha fermati. Diretti a Sorso per la partita amichevole del Cagliari? Manco per idea, l’obiettivo era Sassari, la rivale Sassari, la città della Torres. Che sabato - guarda caso - è già sotto pressione per una manifestazione che serve a ribadire la chiara opposizione al fascismo e a rigurgiti più o meno moderni.

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E loro, i 200, riescono a beffare tutti con un effetto sorpresa che - almeno nei primi 15 minuti - consente di trasformare Sassari in un campo di battaglia. Obiettivo raggiunto? Non ci crede nessuno, perché è inspiegabile che un piccolo esercito di esaltati possa pensare solo all’attacco e non alla difesa e poi alla fuga. Hanno rischiato di essere massacrati se solo gli assalti ripetuti fossero riusciti, se la protezione delle forze dell’ordine non avesse funzionato a dovere, se il piano di evacuazione non avesse consentito di farli uscire dall’angolo della stazione ferroviaria dove erano stati confinati per rimetterli a bordo degli autobus e rispedirli a Cagliari. E allora dove sta il senso dell’assalto a Sassari? Che cosa c’è dietro? E chi ha pagato i quattro autobus (facciamo una valutazione media di 2mila euro) per la trasferta violenta andata e ritorno? Come pensavano questi grandi strateghi dell’assalto e della guerriglia urbana di uscire indenni da Sassari? Magari con la sfilata in senso contrario e il ritorno da via XXV Aprile, l’imbarco trionfale a bordo degli autobus rimasti in via Padre Zirano? Una follia.

Nessuno può raccontare che i 200 - poi diventati un centinaio perché lungo il viaggio di ritorno a decine hanno preferito “cambiare aria” - sono stati bravissimi nell’esecuzione del piano. Ci sono inadempienze gravi, quanto meno una piena sottovalutazione del rischio e dei pericoli fatti correre a una città che era inconsapevole ed è stata colta alle spalle, con una azione vigliacca, violenta e inaccettabile. Le scuse valgono a poco se non si indicano le responsabilità e se non si spazzano via dubbi e interrogativi.

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