La Nuova Sardegna

Sassari

«Calci alla porta, mia moglie terrorizzata»

Il racconto del marito: «Era esasperata, quando poi ha perso il bimbo si è rivolta ai carabinieri»

28 marzo 2017
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ITTIRI. Alla piccola gang piacciono anche i vicoletti un po’ appartati. Via Diaz, ad esempio, è un ottimo anfratto dove bere birra e chiacchierare. Solo che in quel budello di asfalto ci vivono alcune famiglie, non troppo entusiaste di vedere la propria via trasformata in un circolo a cielo aperto.

In una di quelle piccole case ci abita anche una famiglia di marocchini. E il trattamento riservato al portoncino è molto simile a quello di via Monserrato. «Si divertono a prenderlo a calci, l’hanno già danneggiato diverse volte. Tirano anche le pietre e poi fuggono. Guardate qui, se non mi credete». E nel muro della cucina c’è un bozzo, del diametro di una pallina da tennis. «La pietra ha spaccato il vetro e si è conficcata qui. Poteva ferire qualcuno».

Non si tratta assolutamente di razzismo o xenofobia: «Sono vent’anni a Ittiri – dice – e sono perfettamente integrato. Ora ho una invalidità e il Comune mi aiuta. Credo che si tratti solo di stupido divertimento. Non hanno idea dei problemi che creano alle persone. Mia moglie era incinta e queste loro improvvise incursioni, le pietre, i colpi alla porta, la facevano svegliare di soprassalto. Io tante volte ho detto di smetterla. E l’ho fatto in maniera tranquilla, senza mai alzare la voce. Perché non voglio avere problemi. Ho detto di non fare i bisogni davanti al mio ingresso, di non lasciare immondizia per terra». Ma per un anello debole come lui è molto difficile ottenere rispetto. Ha l’aria troppo mansueta per far breccia nel branco. Così le sue lamentele il più delle volte ottengono l’effetto opposto. Sua moglie, quel bambino che aveva in grembo, alla fine l’ha perso. Si è rivolta ai carabinieri e al sindaco, dicendo di avere abortito spontaneamente anche per colpa dello stress e degli spaventi subiti». (lu.so.)

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