La Nuova Sardegna

Sassari

Barisone, una collina che trasuda veleni

di Salvatore Santoni
Barisone, una collina che trasuda veleni

Dalle analisi dell’Arpas un quadro allarmante sulla presenza di metalli pesanti nella ex discarica alla periferia di Sennori

23 marzo 2017
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SASSARI. Sul fianco di una collina c’è una discarica dismessa da diciassette anni. Ai piedi della discarica serpeggia un fiume di percolato, che risale dal cuore della terra e finisce nel rio Su Golfu, che a sua volta si innesta nel fiume Silis, dove la piana si stiracchia e manda linfa a molte tra le eccellenze agricole della Romangia. È la fotografia di Barisone, nelle campagne di Sennori, con le sue 200mila tonnellate di rifiuti e le sue viscere che ribollono di veleni. Una voragine che per 15 anni è stata infarcita di tutto e ora sputa fuori qualunque cosa. Nei giorni scorsi in Comune sono arrivati i risultati delle analisi dell’Arpas di Sassari fatte sui campioni di percolato prelevati nei mesi scorsi. Dal sottosuolo risale una poltiglia di metalli pesanti e inquinanti inorganici con concentrazioni fino a 25 volte superiori ai limiti fissati dalla legge.

La storia. Quella di Barisone è una discarica di primo livello per rifiuti solidi urbani nella quale l’attività di conferimento è andata avanti per circa 15 anni e si è fermata intorno al 2000, quando la Seneco Srl, che gestiva il sito di conferimento, raggiunse la capienza massima autorizzata dalla Regione. Oltre al Comune di Sennori, l’area ha accolto per anni i rifiuti di altri numerosi Comuni della provincia di Sassari (Cargeghe, Codrongianos, Florinas, Muros, Osilo, Sorso, Stintino, Usini).

L’esposto. Della situazione della discarica si era interessato anche il deputato sennorese del M5S, Nicola Bianchi, che alla fine del 2015 aveva effettuato un blitz con alcuni attivisti per vedere da vicino le condizioni della zona. Al sopralluogo era poi seguito un esposto, che il parlamentare ha presentato davanti ai carabinieri di Sennori, con il quale tra le altre cose denunciava la situazione di abbandono del sito e la fuoriuscita di percolato. Erano seguiti gli accertamenti del Comune e poi i campionamenti dell’Arpas.

Le analisi. I risultati delle analisi, effettuate a partire dai campionamenti fatti dai tecnici dell’Arpas nel mese di ottobre del 2016, immortalano le condizioni dell’ecosistema nella zona. Nel fiume che risale dalla discarica sono stati individuati metalli pesanti come antimonio (2400% oltre la soglia di legge), arsenico (480%), berillio (2375%), cadmio (800%), cromo totale (500%), ferro (1650%), manganese (2500%), nichel (220%) e selenio (65%). E poi c’è anche il boro (290%), che è un cosiddetto inquinante inorganico. «Dalle analisi - si legge nella relazione che l’Arpas ha inviato nei giorni scorsi al Comune di Sennori - si riscontrano particolari condizioni di contaminazione per presenza di metalli pesanti e di Bod (un parametro usato per stimare il carico inquinante delle acque, ndc)». Non si sono, invece, potute effettuare misurazioni chimico fisiche sui campioni prelevati. Questo perché lo scorso ottobre i ristagni d’acqua non sono stati sufficienti per prelevare le quantità di liquido necessario per fare gli esami in laboratorio.

Vertice in Provincia. Al Comune di Sennori la notizia è piombata come una tegola, grande quanto la montagna di rifiuti che riposano tra le colline nella parte alta del borgo della Romangia. Ieri mattina lo staff dell’ufficio tecnico ha partecipato a una riunione con i colleghi del settore Ambiente della Provincia. Si è trattato di un primo incontro di una task-force che nelle prossime settimane dovrà valutare i passi da fare per gestire la complicata faccenda. L’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Nicola Sassu, fin dai mesi scorsi aveva comunque inoltrato al proprietario della discarica una richiesta per mettere in campo un piano di esami sull’area. Piano che però non è mai arrivato.

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