La Nuova Sardegna

Sassari

Pensiamoci bene prima di cambiare volto a Porto Ferro

Mariano Mameli *

In una delle ultime baie vergini del Mediterrano il Piano di utilizzo dei litorali prevede tre stabilimenti balneari: difficile ipotizzare l’impatto visivo

25 febbraio 2017
3 MINUTI DI LETTURA





Uno studioso del secolo scorso, M.S. Giannini, era solito pensare i beni storico-paesaggistici ed il paesaggio come “ beni culturali della nazione”. I nostri litorali, quelli del territorio del nostro comune per intenderci, costituiscono il nostro patrimonio culturale e ormai tutti noi cittadini ne cogliamo l'aspettativa ad una intelligente salvaguardia. Il Piano di utilizzo dei litorali adottato dal consiglio comunale di Sassari è un atto complesso di programmazione del suo territorio e del suo paesaggio.

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:sassari:cronaca:1.14927547:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2017/02/23/news/giu-le-mani-da-porto-ferro-1000-firme-1.14927547]]

Si è votato in Consiglio uno studio che si immagina serio e accurato delle caratteristiche dei territori. Si sono disegnate proposte e confezionati progetti che dovrebbero rispondere alla classificazione delle aree in funzione della loro valenza paesaggistica in vista di una fruizione turistica. Questo significa ipotizzare tra l'altro le modalità del carico antropico in relazione ai peculiari aspetti, ipotizzare le iniziative imprenditoriali da assentire, prevedere i servizi turistici che vi si potranno insediare, i parcheggi, gli stabilimenti balneari, le superfici e gli spazi da dare in concessione.

Questi sono in grossolana sintesi i linguaggi della programmazione. Poi esistono i luoghi e comprendi che non si piegano sempre ai linguaggi dei tecnici . Perché i paesaggi, i litorali, non sono solo spazi fisici ed economici, ambiti naturalistici, sono percezione dei suoi abitanti di chi li guarda e li percorre. Porto Ferro ad esempio non è un luogo qualsiasi non ne conosciamo di analoghi; Porto Ferro è un luogo dell'anima che non appartiene a nessuno e al contempo a tutti quelli che in qualsiasi ora e stagione dell'anno vi abbiano impresse le proprie orme. Quei due chilometri di sabbia giallorossastra si adagiano su una delle ultime baie vergini del Mediterraneo, un luogo senza tempo per creature fatte in fondo a simiglianza; surfisti, naturisti, famiglie con bambini avventurosi ancora in grado di inseguire legni e conchiglie, nudisti, bagnanti solitari, pescatori esordienti, o anziani sognatori desiderosi di sostare anche poco in uno scenario unico e delicatissimo. Difficile ipotizzarne l'impatto visivo dei tre stabilimenti balneari in Pvc che occuperanno alcuni dei tratti del lungo arenile.

Ogni metro di quella baia è qualcosa che nessuna carta planimetrica di un piano dei litorali può raccontare; per sapere cosa sia occorrebbe andarci ed affacciarsi sulle rocce in trachite dalle superstiti torri spagnole di avvistamento. Pensare la programmazione territoriale dovrebbe ricordarci questo; che nelle carte progettuali purtroppo non si fissa l'anima dei luoghi; per questa memoria servono gli uomini, le comunità. Un luogo così non è dunque solo il suo profilo panoramico, non è solo la sua vegetazione, i gigli delle dune, le radici nervose provenienti dagli ostinati esemplari dell'ultimo ginepreto d'Europa che fuoriescono dalle dune contrastando l'eterna erosione del mare all'arenile; non solo i suoi colori o la luce che infatti cambia ogni secondo del giorno e dell'anno. Un luogo così è molto di più di ogni cosa che vi si possa installare; i tre parallelepipedi in Pvc previsti nel piano comunale dei litorali le centinaia di ombrelloni attorno non servono qui. Neppure alla crisi; le concessioni affrettate che sembrano dare lavoro, in questi casi, molto in fretta, lo disperdono.

* Avvocato

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative