La Nuova Sardegna

Sassari

Estorsione, rito abbreviato per Graziano Mesina

di Nadia Cossu
Estorsione, rito abbreviato per Graziano Mesina

L’ex primula rossa deve rispondere anche di usura insieme ad altre due persone. Sono l’ex direttore di una filiale del Banco di Sardegna e un 38enne orgolese

26 gennaio 2017
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SASSARI. Ieri c’era anche lui, Graziano Mesina, all’udienza davanti al gup di Sassari Michele Contini. Scortato dagli agenti di polizia penitenziaria di Badu ’e Carros, l’ex primula rossa di Orgosolo ha voluto essere presente all’udienza preliminare per una storia di usura ed estorsione che lo vede imputato insieme al suo autista, anche lui orgolese, Giovanni Filindeu e all’ex direttore di una filiale del Banco di Sardegna di Sassari, Pierluigi Meloni.

Tutti e tre gli imputati – rappresentati dagli avvocati Maria Luisa Vernier e Beatrice Goddi (per Mesina), Agostinangelo Marras (per Meloni) e Goddi e Rinaldo Lai (per Filindeu) – ieri hanno chiesto e ottenuto di affrontare il processo con rito abbreviato. Nell’udienza del 22 marzo sarà sentito l’allora direttore di filiale Pierluigi Meloni.

Ma è sicuramente l’ex primula rossa del banditismo sardo il protagonista principale di un’indagine che era stata condotta dai carabinieri del comando provinciale di Nuoro. Tutto era cominciato con un prestito di 40mila euro chiesto a una filiale del Banco di Sardegna dall’imprenditore sassarese Marco Milia. Soldi che gli sarebbero serviti per iscrivere la squadra di basket Robur, di cui all’epoca era presidente, nella divisione nazionale B. Per questo nel 2011 l’imprenditore – titolare di alcuni ristoranti in città – si era rivolto a Pierluigi Meloni, all’epoca direttore della filiale del Banco di Sardegna di via IV Novembre. Ma non avrebbe mai immaginato di dover restituire un giorno quei soldi a Mesina. Oltretutto sotto minaccia e con gli interessi (stando alle accuse). Perché non alle casse del Banco di Sardegna, ma proprio a Mesina, si sarebbe rivolto Meloni per racimolare quella somma. A finire sotto inchiesta, oltre all’orgolese, anche il suo autista di 38 anni Filindeu e Meloni, sassarese di 50 anni.

Milia aveva bisogno di soldi liquidi e si era quindi rivolto alla banca. Il direttore della filiale gli aveva dato rassicurazioni: «Ci penso io. I soldi li avrai». E infatti li ebbe. Salvo poi scoprire che anzichè 40mila euro gliene venivano chiesti indietro 50mila. E, soprattutto, che a reclamarli era Grazianeddu. Scriveva il pm Carrara: «Mediante minaccia, costringevano Milia ad accettare l’accordo usurario e a consegnare loro le somme». Il tutto «in termini perentori, sfruttando la fama che lo precedeva, tale da incutergli timore per la propria incolumità». Meloni, dice il pm, fece da intermediario tra i due «nella piena consapevolezza della illiceità dell’operazione». Nell’udienza del 22 marzo sarà proprio Meloni a difendersi dalle accuse. Nel processo contro i tre, Marco Milia non si è costituito parte civile.

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