La Nuova Sardegna

Sassari

Viaggio a Monteleone Rocca Doria, il paese condannato a morte

di Luigi Soriga
Viaggio a Monteleone Rocca Doria, il paese condannato a morte

A causa dello spopolamento il piccolo centro di appena ottanta abitanti sparirà tra 20 anni: ci sono solo anziani, un bar e l’ufficio postale

05 gennaio 2017
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MONTELEONE ROCCA DORIA. Da lassù, sulle alture del Travelgum, si vede un puntino rosso che rotola. È una vecchia Panda e pettina i due chilometri di tornanti a occhi chiusi, talmente li conosce a memoria. Al volante c’è Giulio Perino, 87 anni, che quella serpentina di asfalto la percorre anche due volte al giorno. Una patente e un’automobile fedele, se abiti a Monteleone Rocca Doria, vogliono dire sopravvivenza.

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Paese da 106 abitanti, così recita l'Istat, ma 80 in carne e ossa, così dice il pallottoliere delle anime che ci bazzicano realmente. Un piccolo gioiello urbano da coccolare come un Panda, perché a rischio estinzione: conto alla rovescia già innescato, vent’anni da oggi per scomparire dall’elenco delle città con un cuore che batte. E il motivo è tutto in questo distillato di saggezza: «Se hai un esaurimento nervoso – dice Giulio Perino – un posto come Monteleone Rocca Doria può essere un’ottima cura. Devi solo stare attento a una cosa: se ci stai più di 15 giorni allora ti aggravi».

Non c’è un’edicola, non c’è un market, non c’è una farmacia, non c’è una scuola non c’è…. Anzi, visto che l’elenco degli assenti sarebbe troppo lungo si fa prima a dire cosa c’è: c’è un circolo-bar che ha aperto da qualche mese, e c'è un ufficio postale che apre tre volte alla settimana. C’è l’adsl. C’è un pullman che passa alle 7 del mattino e ti riporta indietro alle 15.30 e alle 19.30. Per il resto manca tutto. Ma proprio tutto. Ed è per questo motivo che anche questa mattina Giulio Perino ha acceso la sua vecchia Panda rossa e l’ha condotta verso le tre mete di sussistenza: Romana, Padria o Villanova Monteleone. Laggiù, a pochi minuti di auto, la “civiltà” si manifesta ancora nei suoi servizi essenziali, come un supermercato, una farmacia, una pizzeria, una scuola. Solo che chi svolge questa transumanza da ottant’anni ormai ci ha fatto il callo, va col pilota automatico e non gli pesa. Per gli anziani del paese è il normale bioritmo fissato nelle cose e nel tempo. Ma le nuove generazioni vivono con fastidio questa prigione dorata, dove non sei mai in dieci nemmeno per organizzare una partita di calcetto, e preferiscono evadere in posti dove l’abbraccio della natura è un po’ meno selvaggio, ma magari c’è qualcosina da fare la sera. Un posto dove incontrarsi, bere insieme, un paese che ti offre un lavoro e non solo un borgo silenzioso al quale la notte rimboccare le coperte. Così lo spopolamento attecchisce e azzanna di anno in anno qualche cocciuto superstite. Dal record assoluto del 1911, con il picco di 443 residenti, si passa agli anni Cinquanta, con ancora 384 anime.

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«A quei tempi c’erano ben tre negozi di alimentari, tre bar, un tabacchino, le poste aprivano ogni giorno, c’era l’asilo – racconta Giulio Perino – e il fine settimana in piazza si ballava e si cantava. C’erano le cave di tufo che davano lavoro e benessere, ci si arrangiava con la pastorizia e l’agricoltura, e si stava bene. Ora muore tutto». E infatti la linea demografica precipita vertiginosamente, in abissi verticali profondi come queste pareti di roccia: 80 residenti, quasi tutti sopra i 65 anni, una decina di giovani e i bambini che si contano sulle dita di una mano. Il futuro segnato di Monteleone Rocca Doria è condensato in questi numeri. Non c’è bisogno dell’Istat per raccontare il deserto. Basta fare quattro passi la mattina tra queste strade di pietra che sospirano in solitudine e sbadigliano al vento. Si sente il rumore dei propri passi, c’è qualche auto parcheggiata a segnalare presenza umana, ma incrociare un altro sguardo è cosa rara. Ed è un colpo di fortuna beccare tutti in una volta tre bambini che corrono per strada e giocano con un cagnetto. E il paese, anche se non esistono scivoli e altalene, sembra lo stesso un enorme parco giochi a loro uso e consumo, da plasmare e vivere con la fantasia.

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«È questo che fa di Monteleone Rocca Doria un posto unico: l’incredibile qualità della vita e del tempo che riesce a offrirti. È un lembo di pace che non ritrovi da nessun’altra parte». Gian Battista Manai ha 34 anni, una laurea in Architettura, uno studio a Sassari, una casa a Sorso ma radici ancora ben piantate a Roccadoria. «Mia madre era nata qui – dice – ho ancora i nonni e ci torno molto spesso. Quest’anno sono anche consigliere comunale. Sono affezionato a questo paese, e mi dispiacerebbe davvero che un giorno possa scomparire. Però so bene che nemmeno io potrei mai abitarci, per il lavoro che faccio, per il mio tipo di routine, e capisco chi si allontana. Ma sta per nascermi un figlio, e ho un piccolo sogno. Ora ve lo mostro».

E si incammina verso un rudere, l’ultima propaggine di Rocca Doria prima dello strapiombo. «Un giorno lo acquisterò e ci verrò con la mia famiglia tre giorni al mese, a trovare ispirazione e a ricaricare le batterie». Davanti si spalanca un 16:9 naturale, con il fiume Temo, la vallata e le possenti pareti di roccia. Tutto riunito in un solo sguardo.

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