La Nuova Sardegna

Sassari

Edifici fatiscenti nel centro storico di Sassari, spedite 100 notifiche

di Luigi Soriga
Edifici fatiscenti nel centro storico di Sassari, spedite 100 notifiche

Preoccupati i proprietari degli immobili: «Trenta giorni per risanare». I vigili: «Niente scadenze tassative, ci si accorda»

02 dicembre 2016
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SASSARI. L’ordinanza antidegrado un mese fa era calata sul fatiscente centro storico come una lieta novella, quasi un balsamo sulle ferite del tempo e dell’incuria. Da qualche giorno però stanno arrivando le notifiche da parte dei vigili urbani con la convocazione dei proprietari degli immobili da riqualificare. E qui l’idillio si sgretola e nascono i problemi. Perché il Comune sembra proprio intenzionato a portare avanti il suo progetto di decoro urbano, anche a costo di mettere i titolari degli edifici con le spalle al muro e costringerli ad avviare i lavori.

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Uno dei tanti che ha ricevuto la lettera e che si è appena confrontato con la polizia municipale, è Giuseppe Petretto. Possiede una palazzina in via Ramai, che a prima vista sembrerebbe sfidare con caparbietà le leggi della gravità e della fisica, per come resiste alle intemperie. «Mi hanno dato un elenco di interventi da realizzare: si parte dal banale taglio delle erbacce attecchite sui muri, al più complesso rifacimento della facciata, alla sostituzione degli infissi, al consolidamento degli intonaci e via dicendo. Un cantiere, che tenendomi molto basso, non mi costerebbe meno di 20mila euro. Io francamente non sono in grado di racimolare una cifra simile. E come me tanti altri cittadini che posseggono immobili fatiscenti al centro. Se il Comune pretende palazzi in ordini e lucenti, allora dovrebbe prevedere degli strumenti per mettere in condizioni i cittadini di ristrutturare gli immobili. Io personalmente sono in trattative di vendita, anzi per meglio dire di svendita, perché mi sto letteralmente disfacendo dello stabile di via Ramai. E ora ho 35 giorni di tempo per comunicare ai vigili urbani il destino dell’edificio: se lo vendo non sarà più un problema mio, altrimenti dovrò aprire un cantiere. Se poi non rispetterò le prescrizioni, mi hanno spiegato gli agenti, per ogni giorno di inadempienza sarò passibile di una multa di 50 euro».

Quindi ci sono un centinaio di proprietari molto preoccupati su ciò che li attende. Si sentono la pistola puntata alla tempia e con il conto alla rovescia inserito. In verità, come spiega il comandante della polizia municipale Gianni Serra, la situazione non è esattamente così rigida e drammatica. «Innanzitutto non esistono dei termini perentori entro i quali terminare i lavori – dice – la procedura è questa. Noi abbiamo mappato un centinaio di immobili e abbiamo annotato le criticità architettoniche. Dopodiché, con molta difficoltà, siamo riusciti a risalire ai proprietari. A volte si tratta di più eredi, spesso in disaccordo, a volte ci sono stati vari passaggi di proprietà. Noi spediamo la lettera di convocazione con allegata la copia dell’ordinanza antidegrado emessa dal sindaco. Quindi gli agenti incontrano il proprietario e avviano con lui una vera e propria contrattazione. Cioè sulla base degli interventi da svolgere e sulla disponibilità dell’interlocutore, viene stabilito un arco temporale entro il quale avviare i lavori. Sia ben chiaro: se concediamo un mese, non pretendiamo che in quella parentesi venga chiuso il cantiere. Ci basta una SCIA (segnalazione certificata di inizio lavori), un segnale concreto della volontà di intervenire». D’altronde questa prima mappatura interessa degli edifici in evidente degrado e compromissione, cioè in una situazione borderline a metà tra l’incuria e lo stato di pericolo vero e proprio. Gli interventi nella maggior parte dei casi sono improcrastinabili. E il Comune, nel caso il proprietario tergiversasse, potrebbe anche chiamare in causa un’impresa, sostituirsi al privato nell’opera di risanamento, e poi rivalersi economicamente. I costi sarebbero ben superiori.

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