La Nuova Sardegna

Sassari

Un’antologia in difesa della lingua sarda

Presentata al Premio Logudoro “Aidos de Ispera” che vuole valorizzare varietà e ricchezza della limba

29 ottobre 2016
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OZIERI. Non solo una raccolta delle migliori poesie presentate negli ultimi cinque anni, ma anche un vero e proprio manifesto in difesa della purezza dei diversi idiomi della lingua sarda contro un’unificazione che non piace a tutti, l’antologia “Aidos de Ispera” pubblicata dal sodalizio Pirastru - Cubeddu - Morittu e presentata domenica scorsa in occasione della cerimonia di premiazione della XXXV edizione del Prèmiu Logudoro Otieri.

Ispirati dal titolo del volume, che è anche quello del tema imposto della sezione principale del premio di questa edizione, “Sentieri di Speranza”, i componenti del sodalizio Gavino Contu, Francesco Cossu e Nino Pericu affidano alle prime pagine del volume una profonda riflessione sul futuro. Anche del futuro quello della lingua sarda, che è l’assoluta protagonista, nelle sue varianti, di un’antologia che raccoglie poesie in sardo, con la traduzione in italiano curata dagli stessi autori, che trattano i più diversi argomenti «di carattere umano, sociale, spirituale ed etico» e che contribuiscono a fissare la purezza dell’idioma anche nel suo confronto con la lingua italiana.

Il Premiu Otieri, come ogni premio letterario che si rispetti, a cominciare dal Premio Ozieri, ha quindi contribuito alla codificazione della lingua, perché come spiegano i redattori dell’introduzione «le norme ortografiche accolte e adottate dai poeti e scrittori in lingua sarda, hanno determinato l’andamento della grafia del sardo negli ultimi sessant’anni e «senza i concorsi letterari la lingua sarda in tutte le sue varietà e ricchezze quasi certamente non sarebbe più». E si tratta di ricchezze da non perdere, e da difendere, anche e soprattutto se in futuro «si deciderà di andare verso una sorta di koinè auspicata da alcuni». E da questa riflessione scaturisce la conclusione, il vero manifesto letterario del sodalizio: l’auspicio «che non si vada verso un pastrocchio, “un impiastru de limba de imbentunou”, che, più che valorizzare, mortificherebbe la nostra bella e cara lingua “de sa mamidda”, “de sas intragnas”, la lingua dei veri parlanti e scriventi. E non si potrà lasciare che a decidere le norme ortografiche possano essere alcuni disquisitori a tavolino che a ben vedere il sardo non lo parlano proprio». (b.m.)

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