La Nuova Sardegna

Sassari

«Non mi spiego questo accanimento»

Parla Mario Giordo: nei giorni scorsi gli è stata di nuovo incendiata l’auto parcheggiata sotto casa

25 ottobre 2016
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PORTO TORRES. «Ho voluto parlare con La Nuova Sardegna perché mi voglio sfogare: vorrei far sapere a questa gente che io queste due macchine le sto ancora pagando, 14mila euro, e ne avrò per altri cinque anni. E cosa ho in mano? Niente!».

Indossa ancora gli indumenti da lavoro e parla con voce fioca, Mario Giordo. Portotorrese, quasi 60 anni, sposato, due figlie, lavora come muratore «al momento, a Tempio, con un’azienda di Santa Maria Coghinas. Da giovane ho navigato, poi per 26 anni ho lavorato nell’impresa edile di mio fratello» riprende con un filo di voce. La sua vicenda ha dell’incredibile: due delle oltre sessanta auto bruciate a Porto Torres dal 2012 sono sue. Anzi, per essere più precisi, due delle ultime 14: una ha preso fuoco lo scorso inverno, l’altra pochi giorni fa in via Caravaggio. Facile pensare a qualche vendetta, qualcuno che vuol far pagare un conto salatissimo per qualche presunto torto ad un uomo dall’aria mite. «Ma io ritengo di essere una persona tranquilla – spiega Mario Giordo –. Non ritengo di avere particolari nemici. Certo, magari una vaffa in cantiere può capitare, ma sono cose normali. Penso di essere un tipo tranquillo e in casa lo stesso: le mie due figlie lavorano onestamente. Non mi spiego. E non ho sospetti su nessuno». In questa situazione, si brancola nel buio. «L’anno scorso, quando prese fuoco la prima auto, stavo lavorando a Porto Torres: stavamo ristrutturando le scalinate del porto sotto la stazione marittima e realizzando la viabilità interna – spiega Mario Giordo –. Mi hanno prestato la macchina due archeologi dell’azienda di Napoli, per due mesi. E quando sono riuscito a rimettermi un po’, ho anche chiesto l’anticipo del Tfr, ho preso una Gran Punto. Auto come questa ce ne sono tantissime in città. Adesso mi ritrovo senza nulla e se non mi avesse prestato la macchina mio cognato, faccio cento chilometri al giorno per andare e tornare da lavoro, avrei rischiato di perdere anche quello». Il caso della prima auto ufficialmente è stato classificato come “probabile corto circuito” nonostante più di qualche dubbio. «Adesso è inspiegabile – dice Mario Giordo –, mi viene il dubbio. Posso ammettere che la prima sia stata una fatalità, ma due...».Due è difficile. «La mia paura è che in futuro, quando dovrò comprare un’altra auto, qualcuno mi faccia un altro dispetto. Non ho garage. Ma non riesco a capire il motivo di questo accanimento. Non può essere una casualità».

Emanuele Fancellu

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