Padre Atzei: «Sia la patrona dei disabili»
La proposta dell’arcivescovo: i suoi svantaggi fisici ne hanno fatto un’icona autentica di carità
SASSARI. «Elisabetta Sanna patrona dei disabili». Nel calendario dei santi e beati della Chiesa cattolica, secondo l’arcivescovo di Sassari, sarebbe questa la collocazione naturale della “contadina di Codrongianos” che oggi raggiunge la gloria degli altari. Una richiesta in tal senso è già stata avanzata da due associazioni di mutilati e invalidi civili.
«Certamente. Elisabetta ha percorso – dice padre Paolo Atzei – il suo cammino umano e di santità in una condizione di disabilità permanente, a causa dell’epidemia del vaiolo contratto in tenera età che le causò una riduzione degli arti superiori e una funzionalità limitata di tutto il corpo. Svantaggi fisici che lei si è portata appresso per tutti i giorni della sua esistenza, una continua Via Crucis, senza mai far pesare a nessuno questi limiti con cui ha virtuosamente convissuto. Questa piccola grande donna – aggiunge il presule – ha trasformato gli svantaggi fisici in opportunità virtuose, la scelta del matrimonio e di una prole numerosa in benedizione come ricordiamo nel testo della preghiera ufficiale alla novella Beata».
L’Unione nazionale mutilati e invalidi civili, con una lettera pubblicata nell’ultimo numero del settimanale della diocesi, “Libertà”, ha chiesto a padre Paolo Atzei di adoperarsi perché Elisabetta Sanna diventi protettrice speciale dei portatori di handicap. Analoga segnalazione è arrivata nell’episcopio turritano da parte dell’associazione “La Sorgente” che da sempre a Sassari e in diocesi si occupa di assistenza ai malati e sofferenti. «Nella piccola grande Elisabetta di Codrongianos vediamo – dice l’assistente diocesano don Francesco Marruncheddu – una icona autentica di carità, accoglienza dei propri limiti fisici, accettati con amore ed evangelico eroismo, e resi strumento di santificazione personale, cristiana immolazione, esempio per gli altri».
«La santità di Elisabetta è consistita soprattutto – secondo padre Paolo Atzei – nel rendere “normale” la disabilità permanente, attraverso l’esercizio quotidiano, eroico, delle funzioni degli arti, e per l’infinita pazienza con cui ha accolto questi fastidi, le voci di disprezzo e derisione, le avversità più dolorose».
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