La Nuova Sardegna

Sassari

Viva la libertà di scoprirsi ma anche di stare in burkini

Eugenia Tognotti
Viva la libertà di scoprirsi ma anche di stare in burkini

Per le donne musulmane il costume integrale è un'apertura, una piccola conquista, una libertà spaziale che consente di fare il bagno e prendere il sole

27 agosto 2016
3 MINUTI DI LETTURA





Si può dire, senza ricorrere a tanti giri di parole, che vietare il cosiddetto burkini nelle spiagge è una colossale stupidaggine? E che le ordinanze emesse dai sindaci che lo hanno fatto in diverse località balneari della Francia costiera, prevedendo multe, sanzioni e quant'altro, rischiano solo di fare danni senza spostare di un millimetro la condizione di non-libertà, di oppressione sessuale e di disparità di genere nel mondo islamico? E, senza, peraltro, rispondere a esigenze – così forti, in un momento come questo – di sicurezza. Una giustificazione francamente risibile, in questo caso, essendo quel “costume da bagno” adottato dalle donne di religione musulmana (per costrizione o meno, è un altro discorso), palesemente inadatto a nascondere ordigni esplosivi e armi pronte per un possibile attentato terroristico in acqua o sul bagnasciuga!

Intanto non si può non rilevare una stridente contraddizione: quella di imporre delle norme su ciò che le donne musulmane non possono indossare per combattere le regole su ciò che devono indossare, imposte da una cultura patriarcale. Ma la misura adottata in Francia – sull'onda degli attacchi terroristici che hanno scosso il Paese – appare sbagliata, da qualunque punto di vista la si consideri, anche da quella della sbandierata difesa dei “principi di laicità”, per riprendere le parole del sindaco di Cannes. Intanto avalla la pericolosa idea che chiunque abbia a che fare con l'Islam sia un potenziale terrorista, cosa che non contribuisce certo all'integrazione, che passa attraverso l'accettazione dei simboli di altre culture, a patto, naturalmente, che non contrastino con le dominanti esigenze della sicurezza come il velo integrale, religiosamente identificabile, che nasconde il viso e persino le mani, talvolta, cosa che ne legittima il divieto nei luoghi in cui si svolgono funzioni pubbliche. Ora, la spiaggia o la piscina non sono tra questi. E, onestamente, è difficile vedere il burkini come un simbolo pericoloso. Inoltre, occorre considerare che – anche quando non è indossato per libera scelta, ma imposto da uomini che affermano il loro potere sul corpo delle loro donne e disprezzano le libertà delle altre – il burkini, rappresenta comunque un'apertura, una piccola conquista, una libertà spaziale che consente di fare il bagno e prendere il sole: vedersela negare non spingerà certo le donne musulmane alla ribellione nei confronti degli uomini della loro comunità che le costringono ad una segregazione che le trasforma in una proprietà invisibile.

Di certo non le libererà dal patriarcato e dalla prigione del burka, e semmai, aggiungendo divieto a divieto, le respingerà tra le mura domestiche. Inoltre alimenterà l'islamofobia e non favorirà, in Francia, l'assimilazione dei musulmani francesi all'identità nazionale. Nelle immagini diffuse in questi giorni dai media si vedono donne in burkini impegnate nel nuoto e sulla spiaggia. Dove circolano, in libertà, donne e uomini , svestite/i, o vestite/i in vari modi – minuscoli due pezzi, costumi interi, topless, camicioni, bermuda, slip ridottissimi, mute subacquee e onnicoprenti. Non possiamo neppure immaginare che arrivi un vigile a contestare una multa a qualcuno che si gode il sole e il mare perché il suo abbigliamento non corrisponde a quello che è ritenuto consono alla cultura occidentale. Non si vede perché non si dovrebbe riconoscere la stessa libertà a chi indossa il burkini.

E fa piacere che molti sindaci di comuni costieri sardi si siano pronunciati contro. Evviva la libertà di scoprirsi e di coprirsi come quelle donne che si vedono ancora in alcune spiagge galluresi e ogliastrine, vestite dei loro abiti tradizionali, le lunghe gonne che oscillano al vento, del tutto a proprio agio tra figlie e nipoti, i cui costumi da bagno sono del tutto adeguati al dress code della civiltà balneare.

In Primo Piano
L’intervista in tv

Alessandra Todde: «L’Italia non è il paese della felicità che racconta la premier Giorgia Meloni»

Le nostre iniziative