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Sassari

Agenti corrotti a Sassari, in 13 coinvolti nell’inchiesta: soldi, droga e corruzione

di Daniela Scano
Agenti corrotti a Sassari, in 13 coinvolti nell’inchiesta: soldi, droga e corruzione

Un’indagine andata avanti per due anni dentro la sezione Volanti della polizia. Da parte della Procura c’è la richiesta di arresti domiciliari per un terzo indagato che ora si trova all’estero

20 agosto 2016
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SASSARI. I suoi due complici della truffa all’assicurazione avevano capito di essere in trappola nel 2014. Lui però ha continuato a credere di poter uscire indenne e nel frattempo ha mosso le sue pedine: lui il re tra qualche alfiere, numerosi pedoni e un paio di “cavallini”. Sulla scacchiera c’era l’amico Lorenzo Carboni che gli aveva pagato novemila euro in cambio di una falsa relazione di servizio, c’era il pregiudicato Lorenzino Fiori informatore prezioso per la tasca e per la carriera, c’era il collega Marco Fenu con cui dividere i soldi rubati durante una perquisizione domiciliare, c’era il pregiudicato Maurizio Allocca che avrebbe dovuto attirare in trappola uno spacciatore per ricevere in cambio 200 grammi di eroina. E poi c’erano cinque colleghi: il superiore Pier Franco Tanca e quattro compagni della squadra. Gente che si fidava di lui e che adesso è in un mare di guai per avere raccontato bugie in una relazione di servizio. Per loro l’accusa di falsità ideologica.

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Ciò che colpisce, nella inchiesta della Procura che gira intorno all’assistente capo Gianluca Serra, 39 anni, sassarese, è la assoluta mancanza di cautele da parte di un poliziotto che dovrebbe sapere che ciò che si muove sulla superficie di una indagine è solo la minima parte di un lavoro che resta sommerso a lungo. Nel caso di Serra, più di due anni. Di essere al centro di una inchiesta, infatti, Serra lo sapeva fin dal 2014. Invece secondo le accuse è andato avanti imperterrito per la sua strada fino a giovedì mattina, quando uno dei suoi colleghi lo ha svegliato all’alba per comunicargli che era in arresto.

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L’ordinanza del gip Michele Contini dipana una matassa apparentemente molto ingarbugliata sugli affari illeciti dell’assistente capo. Il giudice ha accolto le misure cautelari chieste dal pm Giovanni Porcheddu nei confronti del poliziotto della sezione Volanti e del suo collega parigrado Marco Fenu, 42 anni. Per loro le accuse sono di corruzione e peculato. In tutto sono tredici gli indagati: sette poliziotti e altre otto persone, ma due di loro (Fabrizio Pistidda e Marco Sanna) sono state arrestate perché nel corso delle indagini è emersa la loro complicità nel selvaggio pestaggio di un portapizze. Tutti gli altri personaggi ruotano intorno a Gianluca Serra e a Lorenzino Fiori, 21 anni, uno che ha fiocinato la ex compagna e che ha massacrato di botte un portapizze fino a ridurlo in fin di vita.

Le motivazioni del provvedimento, che accoglie le richieste del sostituto procuratore Giovanni Porcheddu, svelano la spregiudicatezza di Gianluca Serra, i suoi affari illeciti, la sua voglia di soldi facili e sporchi. Per esempio quelli avuti da Lorenzo Carboni, 46 anni, sassarese, esperto di sinistri stradali e amico da una vita del poliziotto. Il suo nome non compariva nel comunicato stampa della Procura, ma a suo carico c’è un ordine di arresti domiciliari.Carboni sarebbe il regista della truffa che è stata il primo sasso della slavina che ha travolto la sezione Volanti della questura.

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Il gip Contini ricostruisce la storia. Nel 2013, Carboni consegnò alla sua assicurazione una denuncia di sinistro stradale molto sospetta. Non solo perché l’incidente era accaduto due anni prima, ma perché la dinamica non quadrava. Eppure c’era una relazione di servizio della polizia, datata 13 luglio 2011 e firmata da Gianluca Serra, a dare ragione a Carboni. L’associazione Groupama pagò e subito dopo attivò il suo servizio di investigazione privato. Così scoprì che quella sera in via Luna e Sole, dove era successo l’incidente, era intervenuta un’altra pattuglia e non quella di Serra. Non solo: Massimiliano Podda, che Carboni presentava come vittima dell’incidente, non era un passeggero della moto di Carboni ma aveva fatto tutto da solo cadendo dalla sua moto. Insomma, il verbale era un falso confezionato ad arte e retrodatato.

L’indagine della squadra Mobile è nata così e si è allargata mano a mano che dalle intercettazioni emergevano nuovi affari. Storie di soldi presi o pretesi da Serra.

Nel 2014, uscendo dalla questura dove un ispettore della Mobile gli aveva chiesto spiegazioni su quello strano incidente, Massimiliano Podda annunciò al telefono a un amico «tanto stiamo andando già al patteggiamento». Lui, che per quel sinistro aveva incassato solo parte dei quarantamila euro, aveva già capito che non gli sarebbe bastato restituire la somma con gli interessi per uscire dai guai. Anche perché quei soldi non li aveva e chi li aveva ricevuti non voleva restituirli: «Io gli ho dato novemila euro amò...» si sfogava al telefono con la fidanzata, parlando di Carboni. «Lui ha detto che li ha dati a quello lì che non gli metteva un cazzo... Non ci vado da solo perché sennò lo ammazzo».

Lorenzo Carboni, attualmente all’estero, troverà ad aspettarlo la squadra Mobile alla scaletta dell’areo.

Gianluca Serra quindi sapeva bene di essere al centro delle attenzioni della squadra Mobile diretta da Bibiana Pala, ma non ha sospettato di essere intercettato. Così ha continuato a muovere le sue pedine.

Come il giorno dell’arresto di Roberto Lella, 22 anni, il 27 giugno del 2015. A Lella, Serra era arrivato grazie a una soffiata di Lorenzino Fiori sul fatto che il ragazzo nascondeva in casa oltre due chili di marijuana. Ed era vero, ma a Gianluca Serra – scrive il giudice – oltre alla brillante operazione di servizio interessavano anche i cinquemila euro di cui gli aveva parlato Lorenzino Fiori. Il ventunenne avrebbe voluto rubarli a Lella, ma aveva cambiato idea, preferendo affidarsi al poliziotto. L’accordo tra i due era che Fiori ricevesse duemila euro ma, rivela il giudice Contini, Serra gliene diede solo 400. Il resto del denaro, secondo le accuse, finì nelle tasche dei due agenti arrestati. In una intercettazione, fatta poche ore dopo l’arresto di Roberto Lella, Marco Fenu sollecita Gianluca Serra: «Mettila in due cosi, capito?» E lui risponde «già fatto, già fatto».

«Dal contesto complessivo dei dialoghi - è il ragionamento del gip Contini – è evidente che Fenu è impaziente e ha fretta di incontrare Serra. Fenu è in possesso di “qualcosa” che dovrà consegnare al collega e quest’ultimo lo esorta a confezionare la misteriosa “cosa” in due parti». Passano pochi minuti e il cellulare dell’assistente capo squilla di nuovo. È Lorenzino Fiori che chiede e ottiene un incontro: «Eh, a mezzanotte ci vediamo che c’ho cosa, ok?». E al ragazzo che gli chiede di anticipare risponde «Eh “masciò” e come facciamo prima? È un casino». Ma il vero problema di Gianluca Serra stava maturando in un’altra stanza della questura, dove i colleghi stavano ascoltando la conversazione tra il poliziotto e il confidente. Un dialogo che il giudice ha considerato una delle prove della sua corruzione.

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