La Nuova Sardegna

Sassari

il caso peru

Quando la custodia cautelare rischia di diventare un sequestro

Giancarlo Acciaro *

25 luglio 2016
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A distanza di anni mi ritrovo a riflettere su ciò che rappresenta, per chi la subisce, la cosiddetta misura restrittiva della custodia cautelare in carcere. Quando 22 anni fa ci ho pensato in condizione di recluso a San Sebastiano l'avevo paragonata a un sequestro di persona. Allora trovai anche la forza per scriverlo in una lettera aperta indirizzata al compianto Pupo Troffa, un caro amico che in tante occasioni mi aveva raccontato la sfida per la sopravvivenza che aveva combattuto durante la sua dura prigionia fatta di passamontagna, catene, botte e camminamenti in notturna.

Quando dopo sessantuno giorni di galera sono stato assolto dalle accuse che mi avevano condotto in una delle celle della più vergognosa struttura penitenziaria al tempo operante nel Belpaese, ho avuto modo di ripensare al mio "sequestro di Stato". E da allora ribadisco quotidianamente a me stesso non solo il valore della libertà ma anche la vergogna di un inumano e incivile istituto che la nega, senza che un processo abbia sentenziato se si è meritevoli di una pena così grave o si è innocenti.

Non conosco, né mi permetto di addentrarmi, la vicenda giudiziaria che ha condotto in carcere il vice presidente del Consiglio regionale, Antonello Peru, ma ho ben chiaro invece quale possa essere il suo stato d'animo dopo quasi quattro mesi di reclusione. So bene che è difficile ai più immaginare quanto sia interminabile un giorno dietro le sbarre e cosa possa rappresentare per chi fa la politica, l'isolamento forzato dal contesto lavorativo e sociale, ma vorrei che tutti ci interrogassimo sul perché si possa stare in carcere senza un processo. Perché si deve essere privati della libertà, senza che un tribunale abbia prima stabilito che è la pena che meritiamo per aver commesso questo o quel misfatto. Per non reiterare il reato? Per non scappare? Per non inquinare le prove? È vero, sono queste le motivazioni che giustificano il ricorso alla custodia cautelare ma per dimostrare che sussistano, è pacifico che devono essere provate e circostanziate e non soltanto enunciate a corollario dell'arresto.

Ecco, senza voler entrare nel merito della vicenda, penso che una riflessione su ciò che sta accadendo ad Antonello Peru sia opportuna e utile per capire meglio lo stato di salute della giustizia, delle galere, e anche per provare a dare umano conforto a chi penso lo meriti a prescindere, al pari di quanti si trovano privati della libertà e rinchiusi a Bancali o in qualunque altro penitenziario. Anche perché la lotta politica e l'umana ambizione, così come la sana competizione, la critica e anche l'invidia, devono trovare la decenza di fermarsi dinanzi alla sofferenza di chi sfida la vita ogni giorno rinchiuso in una cella. Privato della libertà, del suo lavoro e dei suoi affetti, senza che un regolare processo lo costringa a restarci per il tempo necessario alla sua rieducazione. Almeno così dicono le leggi dello Stato e i principi costituzionali, quelli che tutti, da Peru in giù, siamo chiamati ad osservare ed applicare.

*ex deputato e segretario Psd'az

 

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