La Nuova Sardegna

Sassari

Pedofilia, otto anni a un tecnico di Thiesi: aveva 32mila foto di bimbe nude

di Nadia Cossu
Pedofilia, otto anni a un tecnico di Thiesi: aveva 32mila foto di bimbe nude

Indagine dell'Fbi, nel pc anche le immagini di una piccola di quattro anni. Condanna definitiva in Cassazione

03 maggio 2016
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SASSARI. Gli agenti federali dell’Fbi nel 2011 approdano in un paese del Sassarese. A portarli fino alla Sardegna sono le indagini su un traffico internazionale di materiale pedopornografico. E arrivano in particolare a Thiesi, a casa del quarantunenne Francesco Demartis, un informatico disabile che vive su una sedia a rotelle. Nel suo pc vengono trovate 32.276 immagini e 1057 video che mostrano bambine nude. Uno di questi filmati ne ritrae una di appena 4 anni che viene spogliata e poi baciata dall’uomo. Per questi fatti Demartis viene arrestato. Nel processo di primo grado (con rito abbreviato) l’imputato viene condannato a otto anni, in appello la pena viene leggermente ridotta: sette anni e 7 mesi. Ora la parola fine l’ha messa la terza sezione della corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso degli avvocati difensori Rita Dedola e Gian Giacomo De Martini: la condanna di Demartis è definitiva.

L’indagine. L’attenzione degli agenti statunitensi in un primo momento si concentra nella zona di Lucca dove viene rintracciato un uomo che possiede immagini pedopornografiche e che è in contatto con Demartis. L’indagine si allarga e arriva in Sardegna, anche perché si scopre che nell’isola vive una persona che detiene il 20% di tutto il materiale pedopornografico che gira in Italia, e si tratta proprio dell’informatico di Thiesi.

La vittima. Una delle vittime di questa incredibile rete di maniaci del sesso con minori è una bambina di quattro anni. E a finire nei guai, oltre a Demartis, è purtroppo anche il padre della piccola. Le accuse a carico dei due sono pesantissime: pornografia minorile e violenza sessuale con minore in concorso, mentre solo al 41enne viene contestata in più la detenzione e la divulgazione di immagini pedopornografiche.

La storia. La vicenda ha inizio qualche anno fa quando una coppia di genitori – come tanti che ogni giorno sono costretti a spostarsi dalla città in cui vivono per lavoro – decide di affidare durante il giorno la propria figlia a un’anziana conoscente. Di lei si fidano, è sempre molto affettuosa e premurosa, con loro come con la piccola. Insieme alla donna vive anche suo figlio di 41 anni, un esperto di informatica che passa gran parte del tempo davanti al pc. Ed è proprio questa sua passione a farlo cadere nella trappola. Perché attraverso le sue continue connessioni a chat internazionali – che scambiano e divulgano foto e video di bambini nudi – finisce tra le maglie di un’indagine dell’Fbi che sta cercando di smantellare una rete di pedofili.

Il pedofilo cade nella trappola. Gli agenti federali intercettano quell’uomo e mobilitano i carabinieri del posto che vanno a prelevarlo e a sequestrare dalla sua abitazione computer, video e quanto altro in suo possesso. Dagli accertamenti è emerso che l’informatico avrebbe ripreso la piccola senza vestiti ma fortunatamente non ne avrebbe abusato sessualmente. Quei video registrati con la webcam nella stanza di casa sua li trasmetteva a un malese, tra i due c’era una condivisione continua di immagini e filmati.

Il padre della bambina. Il padre della piccola ha cominciato a vivere il suo calvario personale. Arrestato anche lui perché non avrebbe vigilato sulla persona cui affidava la bambina, condannato in primo grado a 5 anni e in secondo a 4 anni e 4 mesi, tre giorni fa ha vinto la sua battaglia in Cassazione dove è stato accolto il ricorso dell’avvocato Giuseppe Onorato. Annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Cagliari. Gli investigatori gli sequestrarono il computer a caccia di materiale compromettente. Ma non trovarono mai nulla, neppure una foto pornografica di donne adulte. Sua moglie ha sempre creduto in lui e nel processo si è costituita parte civile (attraverso l’avvocato Maria Paola Cabitza) solo contro Demartis condannato anche al pagamento di una provvisionale.

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