La Nuova Sardegna

Sassari

I responsabili: il casolare non è un lager

di Luca Fiori
I responsabili: il casolare non è un lager

Il sindaco Carbini conferma le dimissioni ma la società che gestisce la struttura assicura: per Prefettura e Asl è tutto ok

21 aprile 2016
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INVIATO A SANTA MARIA COGHINAS. «Non sarà un albergo a cinque stelle, ma nessuno può permettersi di dire che questo posto è un lager». Respingono le accuse dell’amministrazione comunale di Santa Maria Coghinas Francesco Carboni, proprietario della azienda Florgarden e della struttura che ospita un gruppo di 21 migranti a un paio di chilometri dal centro abitato, e il direttore della Onlus, Emanuele Ghionzoli che gestisce questa e altre strutture per l’accoglienza di profughi.

Due giorni fa il primo cittadino del paese termale aveva annunciato le dimissioni per protestare contro la decisione della Prefettura di Sassari di ospitare in un casolare di campagna 21 dei 235 migranti sbarcati a Cagliari nei giorni scorsi a bordo della petroliera greca “Rizopon”, senza dargli alcuna comunicazione preventiva. Ieri mattina la conferma: «La struttura non è in condizioni idonee per quello scopo, nel bisogno uno si adatta a tutto - spiega Carbini - ma non si possono ospitare 21 persone in 3 stanze, costringendole a fare la doccia in un bagno dove non c'è il placcaggio e a mangiare su dei tavoloni allestiti alla meglio. I prossimi giorni presenterò le mie dimissioni». A Carbini è arrivata la solidarietà di Italia Unica, ma dalla Prefettura sostengono che le cose non siano andate esattamente così: «Quella struttura - spiega Maria Antonietta Gregorio capo di gabinetto del prefetto - ha vinto un bando per l’accoglienza dei migranti perché è stata ritenuta idonea e tra i requisiti c’era anche l’agibilità che lo stesso comune di Santa Maria Coghinas ha concesso». Ma a dare l’ok, dopo aver ispezionato bagni e cucine, sarebbe stata anche la Asl numero 1. Subito dopo l’arrivo dei migranti l’azienda sanitaria ha inviato sul posto un medico che ha riscontrato infezione da scabbia su una bambina di appena quattro mesi e su altre sette persone della struttura. «Non c’è da fare nessun allarmismo - spiega il medico Nicola Grandi - stiamo portando avanti il protocollo previsto in questi casi, ma in pochi giorni l’allarme sarà rientrato». Intanto gli ospiti provenienti da Gambia, Sudan, Etiopia, Ghana, Nigeria e Senegal iniziano a prendere confidenza con il casolare in cui sono stati catapultati dopo un viaggio da incubo. «I want to stay here, voglio stare qui» assicura Amadou, 26 anni, e un passato difficile da raccontare. «Gli ospiti sono arrivati da un giorno all’altro - spiega Emanuele Ghionzoli - siamo starti avvisati la sera prima e non tutto era pronto per accoglierli. Ma stiamo lavorando per rendere il posto più accogliente. Tornate tra una settimana e vedrete che sarà tutto in regola».

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