La Nuova Sardegna

Sassari

Serbatoi sigillati e operai a casa

di Gianni Bazzoni
Serbatoi sigillati e operai a casa

Azione delle Dogane contro la Raffinerie di Porto Torres. La Cgil: «Incomprensibile accanimento»

10 aprile 2016
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PORTO TORRES. L’avversione contro tutto ciò che è industria rischia di trasformarsi in un dramma economico e occupazionale per il territorio del nord Sardegna.

L’ultimo esempio arriva dalla vicenda della Raffinerie di Porto Torres, la società che ha rilevato lo stabilimento e gli impianti della ex Pb Oil per svolgere una attività che - di fatto - dovrebbe andare a braccetto con il rispetto dell’ambiente perché vengono trattati oli esausti (anche residui delle stive delle navi) e rigenerati o smaltiti.

Una scelta non proprio fortunata nel corso degli anni, considerato che la Pb Oil ha chiuso i battenti e anche la Raffinerie di Porto Torres ora rischia di cessare l’attività cancellando cinque posti di lavoro e un’altra trentina programmati.

La vicenda. L’Agenzia delle Dogane è intervenuta nello stabilimento e con uno specifico provvedimento ha disposto il divieto di estrazione «di ogni materia o rifiuto nelle more degli accertamenti fiscali. Una decisione presa il 10 febbraio, a seguito di una visita ispettiva eseguita insieme all’Arpas e alla Provincia. In quella occasione solo l’Agenzia delle Dogane ritiene di intervenire e sigilla uno dei serbatoi. Con la supposizione che all’interno sia contenute sostanze assoggettabili ad accise (imposta sulla fabbricazione e vendita dei prodotti fabbricati). Viene bloccata la produzione e i 5 lavoratori vanno a casa.

Le analisi. A un mese di distanza dalla sospensione dell’attività, arriva l’esito delle analisi del prodotto contenuto nel serbatoio. Si tratta di rifiuto che le Dogane avevano supposto da sottoporre ad accise. L’Agenzia, quindi, libera il serbatoio, ma la produzione non può ripartire. Nel mentre, infatti, le Dogane ritengono di proseguire gli accertamenti e procedono alla sigillatura di altri 13 serbatoi. I campioni dei prodotti vengono inviati al laboratorio di analisi. Nel dubbio, dunque, si chiude.

Il sindacato. «Mi chiedo e chiedo – dice Massimiliano Muretti, segretario provinciale della Filctem-Cgil – se è possibile che un controllo, mentre si realizza, possa impedire che si svolgano attività produttive? Può un controllo o una indagine “nelle more di un accertamento fiscale” provocare l’interruzione del rapporto di lavoro per 5 persone?. E può un “atto endoprocedimentale”, in via del tutto provvisoria, mettere in dubbio l’avvio di una attività produttiva che si prefigge lo scopo di recuperare oli esausti, e a seguito di trattamento smaltirli mediante co-incenerimento?. Ed è possibile che per valutare i prodotti ed effettuare le analisi siano necessari mesi?».

Il valore. Il risultato, al momento, è che per 4 o 5mila euro di accise eventualmente dovute, insieme ai serbatoi è stato sigillato anche il futuro di 5 lavoratori e delle rispettive famiglie. «L’Agenzia delle Dogane – sottolinea Muretti – nelle more degli accertamenti fiscali, poteva disporre il pagamento cautelativo delle accise e permettere l’attività produttiva. In questa storia emerge un incomprensibile accanimento, una serie di atti disposti sulla base di sensazioni e supposizioni senza alcun dato oggettivo. Risultato? Cinque posti di lavoro persi, altri 25-30 (da impiegare nelle attività della società già autorizzate con l’Aia della Provincia) congelati».

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