La Nuova Sardegna

Sassari

PARLIAMONE - Quel vuoto lasciato dallo Stato

Gianni Bazzoni
La scritta nel muro del municpio di Bultei
La scritta nel muro del municpio di Bultei

I sindaci incolpevoli restano i soli a pagare le conseguenze della strategia governativa di eliminare servizi essenziali e speranze per il futuro

03 aprile 2016
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SASSARI. É come sparare al Luna park, quasi fosse un gioco, la facilità è la stessa. Peccato che dall’altra parte ci sono persone, il più delle volte familiari di sindaci e amministratori pubblici che si trovano - questi si a loro insaputa - esposti a rischi elevati, fino a quello della vita. Mogli e figli, ma anche genitori anziani. A volte feriti lievi, purtroppo anche morti per conseguenze di attentati devastanti.

É una storia che si ripete nel tempo quella degli attacchi a chi sceglie di impegnarsi ancora in politica, di mettersi in discussione come amministratore pubblico di piccoli centri dell’entroterra dove, spesso, è una sola lista a salvare la comunità dall’arrivo del commissario. E chi sceglie di impegnarsi al servizio della collettività - oltre a diventare bersaglio per questioni banali - finisce per essere il terminale di tutti i malumori e le contrapposizioni che accompagnano la vita di realtà dimenticate dallo Stato che con una strategia da brivido si sta ritirando progressivamente. Chiude tutto quello che trova sul percorso di un risparmio costruito a tavolino: caserme, scuole, ospedali e ambulatori, uffici postali e servizi generali che spariscono con un colpo di spugna da un giorno all’altro. Lascia il vuoto.

Alla fine restano i sindaci: basta una firma affrettata, una pratica dubbia per finire nel registro degli indagati, magari condannati per una piccola discarica. Soli di fronte alle vicende dell’egoismo dei singoli e di piccoli gruppi, impossibilitati a dare risposte a chi è in lotta per la sopravvivenza, schierati come soldatini di una crisi che ha spento le speranze e lasciato solo disperazione e degrado. Nella provincia di Sassari l’ultimo attentato è quello a Daniele Cocco, sindaco di Bottidda e consigliere regionale di Sel (poco cambia se gli attentatori hanno preso di mira la sua abitazione di Nuoro). A ruota è arrivato anche l’episodio di violenza contro il sindaco di Orotelli, due auto bruciate.

É una escalation incredibile, con lo Stato sempre più lontano. Daniele Cocco ha parlato di follia, ha detto di non riuscire a trovare una ragione «perché non ci sono stati episodi che possano fare pensare a una reazione simile, non c’è stata proprio alcuna possibilità. Ci sono difficoltà, è vero, ma riusciamo ancora a dare risposte in modo trasparente».

Eppure non basta per restare fuori dalla spirale di violenza. L’aveva detto al ministro dell’Interno Alfano, il sindaco-consigliere regionale, e aveva ricevuto rassicurazioni. Più o meno avevano fatto la stessa cosa altri due ministri approdati in terra sarda, Maroni nel 2011 e Cancellieri nel 2013.

«Non vi lasceremo soli», invece a Burgos hanno chiuso la caserma dei carabinieri e poi la Scuola di polizia a cavallo (una specialità, come si dice). E Burgos non è un posto qualunque, è il comune dove ha lottato a lungo un sindaco coraggioso come Pino Tilocca, dove mani assassine gli hanno ucciso il padre, Bonifacio, morto per le conseguenze di un attentato (una bomba davanti al portone di casa).

E poi c’è Bultei - altro centro del Goceano - dove gli attentatori hanno fatto esplodere un ordigno davanti alla casa del sindaco Francesco Fois, che prima ancora era stato minacciato di morte. Storie simili di una lunga lista: per questo la solidarietà non basta più, le promesse non servono e gli Osservatori aiutano solo ad aggiornare le statistiche. Serve l’intervento dello Stato in termini di prevenzione e sicurezza, di investimenti, di sostegno alle politiche di sviluppo e degli interventi nel sociale. Una presenza vera e concreta, non un’ombra che scompare.

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