La Nuova Sardegna

Sassari

Due testimoni: «Abbiamo visto le armi nell’auto»

di Nadia Cossu ; di Nadia Cossu
Due testimoni: «Abbiamo visto le armi nell’auto»

Rapina a Santa Maria Coghinas, nuova udienza del processo ai coniugi Sette-Loi «Dietro lo sportello della Punto oggetti dalle sagome riconoscibili: erano pistole»

12 marzo 2016
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SANTA MARIA COGHINAS. Secondo il pubblico ministero Giovanni Porcheddu, gli imputati Giampiero Sette e Agostina Loi ebbero un ruolo chiave nella rapina all’ufficio postale di Santa Maria Coghinas avvenuta il 2 agosto del 2013 che fruttò ai banditi un bottino di 67mila euro. Per quel fatto erano state arrestate nove persone dai carabinieri, ma solo per i coniugi Sette-Loi il processo non si è ancora concluso.

La scorsa estate, infatti, il giudice dell’udienza preliminare Giuseppe Grotteria aveva condannato Salvatore Mulas, 34 anni, Massimiliano Ruiu, di 37, entrambi di Santa Maria Coghinas, e Serafino Mesina, 38 anni, di Orgosolo a quattro anni di reclusione. Era stata invece assolta la moglie di Mesina, Paola Filindeu, anche lei orgolese. Altri tre imputati, ugualmente originari del paese della Barbagia, avevano invece patteggiato quattro anni e otto mesi: si tratta di Giuseppe Monni, 32 anni, di suo fratello Giovanni Antonio e di Pietro Mereu, entrambi 23enni. Resta ancora in piedi, invece, il processo in abbreviato a carico di Giampiero Sette, 52 anni, e Agostina Loi, di 54, tutti e due di Villagrande Strisaili (la Loi è originaria di Valledoria e insieme hanno vissuto per un po’ di tempo a Badesi). La mattina del 2 agosto di due anni fa, tre giovani a volto coperto e armati di pistole avevano fatto irruzione nell'ufficio postale, legarono gli utenti presenti con delle fascette da elettricista e se ne andarono dopo 40 minuti con 67mila euro e portandosi dietro anche l’hard disk del sistema di videosorveglianza. Secondo gli investigatori furono i tre orgolesi a mettere a segno quel colpo.

«Sette e la coniuge Loi – scrive il pm – pianificarono e organizzarono la rapina facendo da intermediari tra il gruppo degli orgolesi e quello di Santa Maria Coghinas; in particolare mettevano in contatto tra loro Ruiu e Mulas da una parte e i due fratelli Monni e Mereu dall’altra. Fornivano al gruppo di Orgosolo le informazioni utili per la commissione della rapina (ubicazione dell’ufficio postale, orari di apertura e chiusura, vie di accesso e di fuga); procuravano loro, tramite Mulas e Ruiu, l’alloggio a Santa Maria Coghinas dove si sarebbero nascosti sia prima che dopo la rapina; organizzavano l’accompagnamento dei malviventi da Orgosolo a Santa Maria Coghinas il giorno prima; Sette faceva anche da palo vicino all’ufficio postale rimanendo in attesa nei pressi di un albero di fico poco distante mentre la rapina era in corso e infine, dopo la commissione del delitto, si occupavano di riaccompagnare gli autori della rapina a Orgosolo, portandoli nella propria auto (una Fiat Punto) da Santa Maria Coghinas al territorio di Bortigali dove poi venivano prelevati da Mesina, nascondendo nell’auto non solo la refurtiva ma anche tre pistole e il relativo munizionamento utilizzate durante la rapina che restituivano ai giovani orgolesi nell’ovile di Battista Pisanu in agro di Orgosolo».

Nell’udienza davanti al giudice Lampus due testimoni – che il giorno successivo alla rapina viaggiarono in auto con Sette e Loi da Valledoria a Villagrande – hanno ricostruito il percorso fatto (loro erano ignari di tutto) e hanno raccontato al giudice dei trasferimenti da un’auto all’altra fino ad arrivare in una campagna di Orgosolo. «C’erano diverse persone, era buio. Ricordo che Giampiero smontò la plastica interna dello sportello della Punto – ha detto la teste – e estrasse degli oggetti avvolti in un panno bianco, la sagoma era riconoscibile: erano pistole».

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